Cina, il mio incontro illuminante con il tifo
L’archeologo professionista ha poco in comune con Indiana Jones, eppure il fascino del pantalone cachi, della fedora, e di pistola e frusta non ci sfugge. Infatti gli archeologi hanno un po’ la sindrome di Indie, ovvero raccontano sempre le loro storie più raccapriccianti con grande orgoglio. E allora oggi anche io voglio raccontarvi della volta che in viaggio da un sito all’altro nel Sud-est asiatico ho preso il tifo. Sì, caro lettore, hai letto bene: il tifo! Sono una donna in archeologia, quindi, se devo competere nella la guerra “chi ce l’ha più lungo”, devo pensare in grande anche quando mi ammalo.
Nell’estate del 2010, mentre lavoravo in Cina, sono stata invitata in Vietnam per visitare dei siti e partecipare ad una conferenza. Influenzata da Indiana Jones (sempre all’avventura), decisi di andare in Vietnam via terra ed attraversare il confine a piedi. Il tutto a luglio tra piogge monsoniche e caldo torrido!
Ufficialmente a mamma e papà giustificai questa follia con il fatto che il confine tra Cina e Vietnam ha fatto la storia… Conquistatori e conquistati per secoli, i due Paesi si sono ritrovati fratelli sotto la falce e il martello per poi scontrarsi nella corsa alla “dominazione del Sud-est asiatico” (gioco che continuano a giocare ad insaputa del resto del mondo), per poi riunirsi di nuovo sotto la bandiera del capitalismo rosso.
Il confine che intendevo superare a piedi è stato luogo di invasioni, battaglie per la libertà, cooperazione politico-rivoluzionaria, chiusura e riapertura. Vista questa lunga storia di guerra e poca pace, l’area attorno al confine non è molto abitata. Quindi, zaino in spalla, decido di prendere un treno notturno per l’ultima città prima del confine Sino-vietnamita, Nanning, dove arrivo alle 3 del mattino. Più tardi, quel giorno, mi informo sulle pratiche necessarie per passare il confine. Ho già il visto per il Vietnam, ora devo solo aspettare un passaggio fino alla frontiera. Ci sono degli autobus che ti portano fino al confine, poi dall’altro lato ne prendi un altro che ti porta fino ad Hanoi. Sembra semplice! Ma di autobus non ce ne sono tanti e i posti sono tutti prenotati fino alla settimana successiva. Con il mio biglietto, ritorno all’ostello.
Durante la permanenza forzata a Nanning, decido di esplorare la città e i siti archeologici circostanti. Nel piccolo ostello dove sto, faccio amicizia con alcuni degli ospiti: Jaques, 60enne, di Parigi. Jaques è in viaggio per la Cina da qualche mese e anche lui aspetta di poter passare la frontiera. Jaques, zaino in spalla, ha attraversato la Cina senza parlare una parola né di inglese né di cinese. Massimo rispetto! Poi, una giovane coppia di sposi: Mark canadese, Meimei cinese. Sono alla fine del loro viaggio in visita ai parenti di lei. Infine Joao, studente di architettura portoghese in viaggio da 4 mesi, appena arrivato dal Vietnam. Anche se in viaggio da 4 mesi, sembrava appena uscito da una lezione di economia all’università. Nella settimana che ho passato a Nanning non l’ho mai visto con abbigliamento sportivo, mai! Un vero signore!
Giorno 4, gli sposini stanno per partire e decidiamo di andare a mangiare insieme. L’ostello non è un albergo di lusso ed è posizionato in una parte popolare della città, vicino alla stazione. Quindi optiamo per un bugigattolo lì vicino. Ecco, se c’è mai stato un momento in cui avrei dovuto ascoltare quella vocina dentro di me che dice “Ilaaa, fai attenzione!!!” era quello… Invece io, avventuriera incallita, le rispondo: “Ma figurati!!! Ho mangiato di tutto e in posti di molto peggiori di questo!!!”. Lei, la vocina, sospira ribattendo: “Qui ci sentiamo male, me lo sento!”. Il bugigattolo era una sala con i piatti già cucinati in mostra, un fast food all’orientale insomma. Scegli, indichi, e ricevi un vassoio in alluminio da mensa con una cucchiaiata di tutto quello che hai indicato.
Regola numero 1 del viaggiatore: mai prendere la carne!!! Io spavalda che faccio? Prendo la carne! Perché anche Indiana Jones avrebbe preso la carne! E, quindi, la mia scelta era predestinata. La mattina dopo mi sveglio in un bagno di sudore, dolori muscolari e alle ossa, febbre alta, vertigini, e tutti gli altri spiacevoli sintomi del tifo! Vi risparmio i particolari, ma potete trovarli su Google. A questo punto stavo così male che non avevo neanche la forza di maledire la mia stupidità, così disidratata e febbricitante sono collassata sul divano dell’ostello dove rimasi per la seguente settimana o poco più. A parte le numerosissime visite al bagno, ricordo molto poco di quella settimana. Ma quello che mi è rimasto più impresso è stata la gentilezza di due completi estranei che, tra cucchiaiate di riso in bianco e acqua bollita, si sono presi cura di me come se mi conoscessero da sempre. Non ricordo i loro nomi ma non dimenticherò mai i loro sorrisi quando mi risvegliai, dolorante ma lucida su quel divano alla fine della Cina.
Ecco, questa è la storia che racconto ai miei colleghi durante le dispute “a chi è l’archeologo più Indiana Jones”. Ma in realtà questa storia ha per me un messaggio molto più profondo: non c’è niente di più umano che la carità. Come dice Bar-Yosef, un famoso archeologo che studia l’evoluzione umana, non saremmo sopravvissuti alle migrazioni dell’era glaciale se non ci fossimo aiutati a vicenda in quanto esseri umani: è l’empatia che ci rende umani e non solo la nostra intelligenza. E non dimenticare, caro lettore: quando sei in viaggio, stai lontano dalla carne!!!