“Fuori Roma”, il contributo del vulcanologo augustano dell’Ingv. Marco Neri: “La mia Augusta…”


AUGUSTA – Continua a far discutere la puntata dedicata ad Augusta del programma “FuoriRoma“, di Concita De Gregorio, in onda su Raitre la scorsa domenica 18 marzo. Sono emersi dal dibattito, sui social in particolare, due fronti di polemica: uno sulla radicalizzazione dell’immagine negativa della città, evidenziando criticità e privazioni oggettive più e meno recenti, ma dimenticando i tentativi di rilancio di associazionismo e imprenditoria; l’altro su certi commenti espressi dagli artisti noti intervistati, alcuni ritenuti da tempo lontani dalla comunità augustana.
Abbiamo chiesto un’opinione ad alcuni dei nostri blogger, che vivono lontano dalla città per esigenze di formazione o lavoro, pur facendovi periodicamente ritorno. Il contributo che proponiamo qui di seguito è dell’augustano Marco Neri, che per noi cura il blog “Osservatorio Etna” (vedi blog) su La Gazzetta Siracusana.it. Vulcanologo conosciuto e apprezzato nella comunità scientifica internazionale, vive stabilmente ad Aci Castello, dove lavora come primo ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), sezione di Catania.
Ho trascorso l’intera mia giovinezza ad Augusta, ma da molti anni vivo e lavoro cinquanta chilometri più a Nord. Una distanza piccolissima per le odierne possibilità di movimento, eppure quasi siderale dentro di me. Ad Augusta torno poco, essenzialmente per incontrare compagni di scuola ed amici a cui sono rimasto molto legato. Anche io ho visto la puntata di Concita De Gregorio “FuoriRoma” sulla Rai, ed anche io vorrei dare il mio contributo al dibattito che ne è scaturito, offrendo un punto di vista “intermedio” tra chi è rimasto e chi ha scelto di vivere lontano da questa terra.
Provo a mettere in file alcuni pensieri, seguire un ragionamento.
L’emozione. È quella che mi prende ogni volta che torno ad Augusta, ogni volta che ne sento parlare o semplicemente ogni volta che osservo una fotografia di quei luoghi. Forse si tratta di una reazione normalissima, dovuta al fatto che a quella terra sono legati i miei ricordi giovanili, quelli che rimangono scolpiti per sempre in ognuno di noi.
La varietà. Di panorami e orizzonti. Augusta è uno scrigno di cartoline dai colori forti e cangianti, che mostrano innumerevoli diversità in brevi spazi. L’Isola su cui sorge il centro storico è già di per sé un’eccezione morfologica: incastonata tra due golfi naturali immensi, uno dei quali “…può ospitare la più grande flotta navale del Mondo”, come sottolineava il mio indimenticabile Maestro delle Elementari, Aurelio Bonnici. E poi le saline, il Monte ed il Faro Santa Croce, Brucoli, Megara Iblea e molto altro ancora. Varietà di forme e ambienti tanto rara quanto praticamente introvabile altrove.
Le persone. Meno “provinciali” di come si potrebbe inizialmente credere, perché continuamente mescolate con “forestieri” portati dalle attività portuali ed industriali, ma soprattutto dalla presenza di una importante base della Marina Militare Italiana. Una mescolanza che porta con sé vivacità culturale e ricchezza mentale, capace di plasmare un tessuto sociale continuamente rinnovato e attivo.
I contrasti. Enormi. Come quando osservo cosa rimane di Augusta, del suo mare, delle sue rinomate vestigia e dei suoi panorami di un tempo. Contrasti tra persone, che sembrano non riconoscersi più come in un’unica, omogenea comunità. Contrasti anche tra i bisogni delle persone, per il lavoro che non c’è più come prima, per un polo petrolchimico gigantesco ma dal declino inesorabile e che ha dato insieme ricchezza e veleni, progresso e inquinamenti formidabili, mangiandosi un territorio sicuramente vocato ad altre destini.
Le contraddizioni. Di un’isola dal mare negato, perché inquinato. Di una costa meravigliosa, ma spesso interdetta e deturpata da un’edilizia aggressiva. Di un clima mite come solo la Sicilia può avere, ma condizionato da un’aria irrespirabile in base al capriccio dei venti e dei fumi industriali. Di un territorio ricco di cultura, ma non fruibile. Di una comunità colta e di successo, anche dal punto di vista sportivo, eppure incapace di esprimere una classe dirigente in grado di governare un territorio sempre più abbandonato a se stesso, una comunità che sembra avere perso la capacità di immaginare e proporsi obiettivi arditi ed importanti.
Augusta, vista “da fuori”, sembra non accorgersi di quanto sia bella, ricca di potenzialità enormi, unica. Certo, alcune scelte, soprattutto quelle industriali, hanno inciso negativamente sul territorio in modo ormai indelebile. Molti luoghi sono deturpati dal tempo, dall’incuria o da gestioni miopi della cosa pubblica. È come avere un grande tesoro e non accorgersene, non saperlo valorizzare. Soprattutto per ignoranza, credo.
La trasmissione di Concita De Gregorio ha mescolato insieme questi dati di fatto, mostrando un quadro complessivo sconfortante, purtroppo veritiero e giornalisticamente efficace. Ma Augusta non è solo quello che si è visto e raccontato lì, io lo so. La reazione suscitata negli Augustani ne è la prova forse più concreta. Ecco, cominciamo da questa reazione di orgoglio, dimostriamo con i fatti che Augusta è anche altro. O almeno, proviamoci.