Cronaca

Augusta, “contrabbando” di gasolio sloveno, contestate fatture false per 68 milioni e imposte evase per 55 milioni

AUGUSTA – Conseguenze anche sul fronte tributario per i soggetti indagati nell’ambito dell’ “operazione Calderone”, l’attività investigativa delle Fiamme gialle di Augusta coordinate dalla Procura aretusea che, lo scorso marzo, aveva portato al sequestro preventivo di oltre 8 milioni di euro, di un deposito di oli minerali e di un ingente quantitativo di prodotto petrolifero, ritenuto dagli inquirenti importato dalla Slovenia in “contrabbando“, cioè senza il pagamento delle accise dovute.

I finanzieri della compagnia di Augusta, sulla base degli elementi emersi nel corso delle indagini, previo specifico nulla osta dell’Autorità giudiziaria di Siracusa, hanno recentemente eseguito un’attenta e minuziosa attività di verifica nei confronti della società individuata quale gestore del deposito, la “Lubricarbo S.r.l.”, al fine di cristallizzare gli ulteriori profili di interesse in materia fiscale.

A conclusione delle attività, sono state contestati costi indeducibili derivanti dall’utilizzo di Foi (Fatture per operazioni inesistenti) per complessivi 68.729.354,04 euro, elementi positivi di reddito non dichiarati per 3.987.177,20 euro, con illecito risparmio di Ires per complessivi 19.857.494,90 euro e violazioni all’Iva per 27.258.953,55 euro. L’ipotizzato reale volume dell’attività sociale, per una base imponibile pari a 72.716.531,24, è stato anche segnalato ai competenti Uffici per i riflessi ai fini Irap.

Sono quindi giunti a contestazione amministrativa anche i fatti di contrabbando, frutto delle precedenti indagini di polizia giudiziaria, che avevano comportato una presunta evasione di accise dovute per 8.679.648,00 euro. I presunti responsabili del sistema criminoso denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa per le ipotesi di reato di contrabbando e altri reati di natura penale-tributaria.

In particolare, le successive attività di polizia tributaria, corroborate dai numerosi approfondimenti esperiti anche mediante la consultazione delle banche dati in uso al Corpo, hanno portato a ipotizzare che la società, negli anni antecedenti alle indagini di polizia giudiziaria, sarebbe stata già dedita ad “altre articolate forme di evasione, ai danni dello Stato, mediante il ricorso al sistema delle cosiddette “frodi carosello””.

Oggetto dell’attenzione “trasversale” dei militari è stata l’ingente “commercializzazione” del prodotto, passata dalle scritture contabili della società negli anni 2015 e 2016.  “L’incremento vertiginoso del volume d’affari rispetto agli anni precedenti, in assenza di modifiche organizzative di rilievo –  evidenziano le Fiamme gialle – la contestuale assenza di strutture logistiche adeguate, la pericolosità fiscale dei soggetti clienti/fornitori e la presenza di dichiarazioni di intento prodotte da soggetti privi dei requisiti previsti per legge”, hanno portato a ritenere che la “Lubricarbo S.r.l.” fosse, secondo i finanzieri, “parte di un più ampio disegno criminoso, finalizzato all’evasione delle imposte mediante l’utilizzo di società cosiddette “cartiere” aventi il solo scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti”.

Sempre secondo le Fiamme gialle, l’uso di falsi documenti fiscali avrebbe consentito alla società, “da un lato, di aumentare i propri costi in bilancio, comprimendo l’utile d’esercizio e, dall’altro, di abbattere gli oneri relativi all’Iva, di cui si facevano carico le società cartiere (“evasori totali”)”. L’articolato meccanismo avrebbe reso così possibile la commercializzazione del prodotto a prezzi assolutamente vantaggiosi, alterando il mercato legale e compromettendo il principio di libera concorrenza.

(Nella foto di copertina: operazione “Calderone” nel marzo 2019)


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