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Reliquie di santi ad Augusta esposte per la prima volta insieme. L’autenticità delle reliquie e il mistero del “corpo di S. Flavia”

AUGUSTA – Un evento, promosso dal Circolo Unione presieduto da Gaetanella Bruno, ha permesso ieri sera, per la prima volta in città, l’esposizione di una selezione di preziosi reliquiari dal diciassettesimo al ventunesimo secolo, provenienti da chiese, cappelle e palazzi gentilizi augustani.

L’occasione è stata offerta dalla conferenza dal titolo “Augusta sacra – Reliquie e reliquiari nelle chiese della città. Privilegio civico e patrimonio della fede”, tenuta da Giuseppe Carrabino, appassionato cultore di storia patria. Una dettagliata illustrazione quella presentata dal relatore che ha ripercorso il mistero che avvolge le reliquie a partire da quelle della passione di Cristo fino ad arrivare ai resti ex ossibus o di oggetti appartenuti ai Santi e martiri della cristianità.

Certo potrebbe sembrare anacronistica all’inizio del terzo millennio una conferenza sulle reliquie – ha esordito Carrabino, anche perché il fenomeno, definito sempre più spesso “semplice memoria medievale”, necessita di un approccio e di specifici approfondimenti per tentare di comprendere questa straordinaria forma di pietà popolare che ha alimentato la fede nel corso dei secoli e nel contempo costituiva orgoglio municipale. La ricerca – ha precisato il relatore – è stata possibile grazie alla disponibilità e collaborazione dei parroci, dei rettori, dei governatori delle confraternite, delle famiglie e di quanti hanno permesso di fotografare, studiare, catalogare un patrimonio, purtroppo, in gran parte, non più fruibile e confinato nel migliore dei casi negli armadi delle sagrestie”.

Tale studio è stato avviato agli inizi degli anni Novanta con l’individuazione e la comparazione dei reperti con i documenti in gran parte inediti rinvenuti negli archivi compulsati, dall’Archivio di Stato di Siracusa all’Archivio storico del Comune di Augusta, l’Archivio Blasco della biblioteca comunale, l’Archivio della Curia vicariale, della Chiesa Madre e quelli delle chiese rettoriali. In questo contesto si inseriscono le pubblicazioni municipali pubblicate sin dal diciassettesimo secolo, dove si ritrovano dettagliati elenchi di reliquie custodite nelle singole città. Vale la pena ricordare l’opera di Francesco Vita, che, nel suo “Inesto Istorico della Città di Augusta” pubblicato a Venezia nel 1653, fa menzione del nutrito patrimonio reliquiario custodito nel convento di S. Domenico unitamente alla reliquia dell’abito del Santo patrono giunta da Roma ed inserita in un braccio reliquiario, cesellato nel 1651 da abili argentieri messinesi.

Ma la più antica reliquia fino ad oggi documentata – ha riferito Carrabino – è quella ex ossibus di S. Alberto trasferita da Messina nel 1579 ed annotata nel libro dei Privilegi della Città di Augusta“.

Alle reliquie sono strettamente connesse le custodie dalle diverse tipologie, da quella a disco raggiato; a croce (stauroteca), a tabella o antropomorfa, la cui forma alludeva direttamente al contenuto (a braccio, a busto, a mano, a piede). Nella sua relazione Carrabino ha rammentato le precise normative impartite nel tempo dalla Chiesa per l’identificazione delle reliquie, la loro catalogazione e la conservazione nelle apposite custodie ben sigillate. A partire dai frammenti collocati all’interno degli altari, detti are sacre, che dovevano essere necessariamente di pietra o marmo.

L’autenticità delle reliquie – ha precisato Carrabino – è sancita dalla relativa documentazione detta, appunto “autentica” ed è costituita da un grande foglio dove è impressa a stampa o a china una formula di rito rimasta invariata nel corso dei secoli e con la quale veniva garantita l’originalità della reliquia e l’autorizzazione alla venerazione in cappelle pubbliche o private. Numerose sono le autentiche catalogate in Augusta e coprono un periodo che va dalla seconda metà del Seicento a tutto il Novecento inoltrato“.

Interessante la lipsanoteca di Casa Omodei Migneco, spiegabile anche in virtù della storia di questo casato stabilitosi in Augusta sin dal XVI secolo. Per la cortesia degli eredi Elvira, Rita e Marilene Migneco Omodei, è stato possibile documentare le diverse teche reliquiarie, le attestazioni di autenticità nonché il reliquiario in legno con lamina applicata contenente la reliquia di S. Biagio.

In merito alla reliquia del corpo di S. Flavia, Carrabino ha proposto la testimonianza del conte Cesare Gaetani, autore degli “Annali di Siracusa”, dove al volume III a pagina 113 dichiara di essersi trovato nel 1759 nella chiesa Madre di Augusta in occasione del battesimo di un figlio del colonnello Cortada, comandante della Piazzaforte. Il rito fu presieduto da mons. Requisens, vescovo di Siracusa. “In quella circostanza – scrisse il Gaetani – ebbi il piacere di adorare il corpicino della martire Santa Flavia che estratto dai Cimiteri di Roma era stato donato a quella Chiesa Madre coll’istesso vasetto di sangue e tavoletta sepolcrale alla riferita martire attinente”.

Oggi la reliquia del corpo di S. Flavia non è più riscontrabile nella chiesa Madre, così il mistero delle reliquie, come tutti i misteri, resta insondabile. Un mistero insondabile ma che ha suscitato studi e ricerche, anche perché la scomparsa risale ormai ad oltre un secolo addietro.

Il mistero – ha aggiunto Carrabino – non deve e non può essere svelato, tuttavia come comunità abbiamo il dovere della custodia di questo patrimonio da conservare materialmente, tutelare giuridicamente e valorizzare nell’ambito di ogni singola realtà ecclesiale. Del resto, come ricordato da autorevoli esponenti del mondo accademico, la civiltà di una comunità si misura non solo dalla capacità di produrre beni culturali, ma anche dall’intelligenza nel provvedere alla loro conservazione e fruizione“.

Se il mistero è insondabile come tutte le cose che appartengono al sacro – ha concluso Carrabino – mi piace indirizzare le conclusioni sulla bellezza delle opere d’arte che abbiamo illustrato e presentato e che custodiscono i preziosi resti della santità, perché in fondo, prendendo a prestito una bella citazione dello scrittore Hermann Hesse nel suo saggio su Klein e Wagner: “Arte significa: Dentro ogni cosa mostrare Dio” e in questa lipsanoteca di Augusta si esprime certamente la bellezza di Dio“.


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