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Tra bisturi e fisarmonica, in viaggio con Giuseppe Mazziotta

Venerdì, 4:30 del mattino. Quello che investe il padiglione auricolare per roteare fino al timpano, come in un gorgo, è il trillo della quarta sveglia. La mano sonnolente, a tentoni, va alla ricerca del telefono sul comodino… trovato! Sveglia spenta. “Ancora cinque minuti e poi mi alzo”, sogna Peppe.

Spalanca gli occhi: “È TARDISSIMO!”, e via di corsa.

È previdente e il bagaglio è già pronto da ieri; la Sicilia in cui è nato lo aspetta, non sarà un week end di svago, riposo e parenti ma di visite, operazioni e pazienti. Peppe è il diminutivo con cui familiari e amici hanno sempre chiamato il dottor Giuseppe Mazziotta, giovane chirurgo ortopedico che vive e opera a Milano, e non solo. Le sue passioni sono l’ortopedia – in particolare la chirurgia dell’anca e del ginocchio – e la musica, con lo strumento che ama su tutti: la fisarmonica. Sì, avete capito bene, è proprio la fisarmonica che suo padre suonava la sera dopo averlo messo a letto. Quelle note che accompagnavano il piccolo Giuseppe nel mondo dei sogni e che lo avrebbero accompagnato nella vita come nell’incontro con il gruppo folkloristico de “I Cumpari”, con i quali, in abito tipico, calca la scena del folklore siciliano fin da giovane, ma torneremo su questo argomento in un altro momento.

L’aeroporto di Linate alle sette del mattino è già un brulicare di passeggeri in arrivo e partenza. Check-in online fatto, una borsa leggera con pc e qualche ricambio, lo stretto necessario per tre giorni intensi e senza sosta.

See you Monday, Milano.

Quando dall’oblò si vede la cima innevata dell’Etna, un brivido solletica la spina dorsale di chi da questa terra è stato generato, e Giuseppe non è immune all’estasi che gli fa ribollire il sangue, come lava, nelle vene. Una volta, dalla prua del traghetto si osservava l’Isola diventare più grande ad ogni miglio di Stretto ma, con l’avvento dei voli low cost, il punto di vista è cambiato lasciando lo stupore immutato. Da Catania ad Augusta (sua città d’origine) c’è un’autostrada, ma lui preferisce percorrere la vecchia S.S. 114: la mitica “Orientale sicula”, che era la via di collegamento principale tra Messina, Catania e Siracusa, sulla quale si incrociano luoghi leggendari come il “Pane condito”, in cui Peppe si ferma per la prima colazione ai sapori di Sicilia. Pane di casa imbottito con olio, sale, origano, primosale e olive. Il tutto condito da un’abbondante vista Etna.

Nell’attraversare il ponte intitolato a Federico II di Svevia, da cui ammira il castello voluto dallo stesso imperatore, i ricordi riaffiorano alla mente: le belle giornate primaverili della sua adolescenza quando, insieme a noi compagni di scuola, a cavallo di motorini andavamo alla scoperta dei luoghi che sono la storia e l’anima della città. Erede della Megara Hyblaea ormai “sotterrata” dalle raffinerie, che, tra gli anni Sessanta e Ottanta, hanno fatto la “fortuna” di questa cittadina che vantava tra le saline più longeve di Sicilia e uno dei mari più pescosi per quantità e varietà.

Il mare che Giuseppe conosce bene, nel quale s’immerge in apnea e del quale, anno per anno, assiste allo spopolamento; lo stesso mare in cui da bambino non aveva che da togliersi le scarpe e tirar su i pantaloni, per raccogliere un polpo che andava a caccia di granchi tra gli scogli.

Un passaggio veloce da casa per abbracciare i suoi cari e via con i doveri e piaceri familiari… ma questi non sono affari nostri, è vita privata e come tale va rispettata, vi basti sapere che è un uomo corretto, di sani principi, solare e che si dedica al proprio lavoro con passione e dedizione. “Io amo il mio lavoro, il rapporto che instauro con i pazienti e la luce che riesco far risplendere in loro, ma tutto questo ha un prezzo. Il sacrificio della vita personale!”, infatti è single per scelta, almeno per ora. “Un giorno, forse, potrò far conciliare il mio lavoro con una moglie e dei figli. Il mio sogno nel cassetto è quello di portare la mia sede di lavoro qui, nella mia terra e poi, chissà?”.

blog-vitae-in-breve-augusta-giuseppe-mazziotta-2Il lavoro, presto, lo richiama e alle tre del pomeriggio iniziano le visite di controllo a pazienti da poco operati, come il simpatico signore baffuto che nell’attesa del proprio turno ci racconta la sua epopea sanitaria e, quando gli si chiede del dottor Mazziotta, una particolare luce attraversa il suo sguardo: “Peppe è figlio di amici e lo conosco da quando era bambino, non sapevo dei suoi progressi e quando è saltato fuori l’argomento, ho colto la palla al balzo e mi sono fatto visitare… ora, la prima anca è stata operata con ottimi risultati e devo fare la visita per operare anche l’altra. Peppe non è cambiato, non si è montato la testa”.

La stessa luce che ritroviamo nella dolce vecchietta e il figlio che l’accompagna: “Il Dottore, non è solamente bravo ma è un UOMO che non scorda di esserlo. Per mia madre, ha pensato ad ogni minimo particolare sia tecnico che umano per garantirle il miglior risultato e c’è riuscito! Il rapporto di fiducia che ha instaurato con lei e noi va ben oltre le grandissime competenze chirurgiche che ha dimostrato”.

La sua esperienza parte da quando era ancora piccolo e dava una mano nel salone del padre barbiere dove, all’età di dieci anni, per la prima volta ha preso in mano il rasoio (fratello non meno tagliente del bisturi): “Ho compiuto la mia prima operazione chirurgica sulla sua pelle, radendolo”, d’altronde i barbieri erano anche chirurghi e dentisti una volta. Quindi, quale miglior punto di partenza? È sempre stato un bravo studente fin dai tempi del Liceo “Andrea Saluta”, tra i cui banchi abbiamo gettato il seme della nostra amicizia, dove si è diplomato e da cui è partito alla volta della Facoltà di Medicina dell’Università di Catania.

Dove l’allora ordinario di Ortopedia e direttore della scuola di specializzazione, che Giuseppe avrebbe frequentato, dopo aver letto la tesi di laurea intitolata “Revisione delle protesi d’anca con stelo di Wagner: valutazione clinico radiografica con follow up fino a 10 anni”, redatta da Giuseppe, decise che era già pronto per frequentare un anno nell’ospedale “Santa Corona” di Pietra Ligure con il dottore Guido Grappiolo, che è stato allievo e ora successore del professore Lorenzo Spotorno, pioniere e maestro della protesi d’anca, scomparso nel 2009. Durante la sua avventura con la guida di Grappiolo, Giuseppe si ritrova da subito sul banco di prova, per dirla in termini tecnici: in sala operatoria, con la sua prima protesi d’anca, che ha dato il via a un rodaggio tra svariati interventi.

Il rientro a Catania lo porta spedito al V anno di specializzazione, lo stesso in cui rincontra Grappiolo, ormai diventato primario di Ortopedia presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, in provincia di Milano. Il 2010 è l’anno della tesi di specializzazione e d’intensi rapporti professionali tra i due: “Da allora, nacque il connubio sia professionale che di amicizia con colui che a tutt’oggi rappresenta il mio Maestro, senza ombra di dubbio, al quale devo tutta la mia carriera. Fu lui a credere da subito nelle mie potenzialità e capacità. Nei suoi confronti nutro una grande stima professionale e un affetto profondo”.

Fino ad oggi, il dottor Mazziotta ha effettuato innumerevoli interventi di protesi d’anca e del ginocchio per i quali, nei casi in cui la patologia riguardi entrambi gli arti, opera contemporaneamente; una pratica che solo pochi riescono a mettere in atto in Italia. In questi sette anni ha acquisito una tale esperienza da essere uno tra i più giovani maestri della protesi d’anca, per la quale tiene dei seminari anche all’estero. Le sue competenze sono tali da fargli meritare l’invito, da parte di grandi aziende del settore protesico, in veste di senior opinion leader a tavole rotonde tra i luminari europei di ortopedia dell’anca.

Un giovane di grande esperienza che fa base nell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano ma le cui competenze vengono richieste da diverse strutture presenti sul territorio nazionale in cui si reca, come avviene per due volte al mese a Catania. Dove il lunedì mattina, giorno di operazioni, si appresta alla vestizione come facevano i samurai, prima di una battaglia, con spirito sereno e determinazione. Il paziente è sulla barella nella presala in cui l’anestesista si adopera per sedarlo, tra le iniezioni e i liquidi che attraversano le flebo, il freddo gli intorpidisce i muscoli quando il dottore Mazziotta scalda l’aria con la sua voce: “Come stiamo, tutto bene? Allora ci siamo, eh?”, battendo le mani e sfregandole. Il paziente infreddolito e un po’ intimorito: “Sì, è che fa un po’ freddo. La temperatura è bassa qui”, e per tutta risposta Peppe sorride ammiccante: “Ma che freddo e freddo, sa come si chiama questa? Lo sa?”, mentre il paziente scuote la testa e sgrana gli occhi come uno scolaro impreparato: “Questa si chiama – si avvicina sottovoce – strizza, PAURA AHAHAH”, scoppia in una risata che scioglie e trascina l’interrogato ad ammettere: “Sì, anche!” sorridendo e rilassandosi, così è pronto per l’intervento.

Le luci sono puntate sulla zona da incidere, né Peppe né il dottore Mazziotta sono scaramantici, quindi niente gesti o riti ma solo un mantra: “Ci siamo! Devo essere migliore della mia volta migliore! Devo essere impeccabile e rasentare la perfezione! Credo in me stesso! Tutto quello che può succedere, è ortopedia!” e ZAC, il bisturi incide la cute dormiente del paziente. Dopo le operazioni è sempre un momento concitato, l’incontro con i parenti e con i pazienti che già possono accennare i primi passi a distanza di, appena, qualche ora. Un ultimo scambio di battute: “Quando ci rivedremo, fra un mese per il controllo, la voglio in piedi e senza stampelle. Mi raccomando, segua le mie indicazioni ché poi torniamo a ballare”, non è una presa in giro ma il sincero augurio di uomo prima che dottore. Peppe ha una dote che anche i super eroi stentano ad avere: entra nel cuore delle persone che incontra, persone le quali gli affidano i propri sogni e che lui rende realtà.

L’aeroporto Fontanarossa di Catania non è affollato come quello di Linate, ma la mente di Peppe lo è. Sta già pensando ai pazienti di domani a Rozzano, a quelli di questi giorni in Sicilia, alla sua famiglia e a i suoi sogni che, forse, un giorno riuscirà a realizzare, come fa per gli altri.

Pensa al prossimo viaggio in Vespa come quello fatto con Tommy, nostro compagno e amico dai tempi della scuola… ma questa è un’altra storia, come quella della fisarmonica, ricordate?

See you next time, my lovely Sicily.

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