30 anni dal terremoto di Santa Lucia, il governatore Musumeci sul rischio sismico: “Resta ancora tanto da fare”
AUGUSTA – Sono trascorsi trent’anni dal sisma di magnitudo Mw 5.6 noto come “terremoto di Santa Lucia“, perché avvenuto alle ore 1,24 del giorno in cui è venerata la Santa patrona di Siracusa. La scossa, con epicentro in mare pochi chilometri al largo di Brucoli, fu avvertita tra le province di Siracusa e Catania, ma provocò i maggiori danni tra Augusta (nella foto di copertina: angolo tra via Principe Umberto e via Roma, dopo il terremoto) e Carlentini.
Causò complessivamente circa quindicimila sfollati (oltre settemila gli edifici dichiarati inagibili), di cui un terzo ad Augusta, si contarono circa 300 feriti. A seguito del crollo di alcune palazzine a Carlentini morirono 12 persone, mentre altre 6 perirono per lo spavento.
Il terremoto è stato ricordato stamani dal presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci. “A trent’anni dal “terremoto di Santa Lucia”, del 13 dicembre 1990, che causò morti e rovine – ha scritto sulla sua pagina social – la Sicilia rimane tra le regioni d’Italia più esposte al rischio sismico. Resta ancora tanto da fare sul piano infrastrutturale, ma oggi sappiamo almeno di disporre nella nostra Isola di una struttura di intervento molto più organizzata ed efficiente“.
“La Regione siciliana – Dipartimento regionale della Protezione civile dispone di una presenza su tutto il territorio regionale, con un ricco parco-mezzi e può contare su un sistema di volontariato organizzato formato da 600 associazioni, al cui interno esistono tutte le professionalità utili ad affrontare emergenze grandi e piccole – aggiunge Musumeci – A tutti loro, su qualsiasi fronte impegnati, va il mio apprezzamento per il lavoro che compiono con professionalità e serietà in tutte le situazioni di emergenza, a cominciare dalla drammatica pandemia che ha colpito l’umanità. Dobbiamo fare della Sicilia un esempio nazionale di volontariato, preparato ed efficiente. E siamo già sulla buona strada“.