Augusta, la compagnia ‘Officina teatrale’ di Piazza porta in scena “Il berretto a sonagli”


AUGUSTA – “Il berretto a sonagli“, commedia in due atti di Luigi Pirandello (premio Nobel 1934), è stata messa in scena lo scorso anno dal regista romano Gabriele Lavia, che indossa i panni di Ciampa, e sta riscuotendo successo in questi mesi nei teatri italiani. Ad Augusta, dopo circa mezzo secolo, sarà proposta sabato 22 e domenica 23 aprile (ore 19,30), dalla compagnia amatoriale locale “Officina teatrale“, diretta da Attilio Piazza, che, ovviamente, rappresenterà Ciampa, nell’auditorium comunale “Giuseppe Amato”, all’interno della cittadella degli studi.
Fanno parte del cast, oltre a Piazza, che cura anche la regia, Mariacristina Aleo, Rosario Ragusa, Giuseppe Tringali, Mariagrazia Coco, Rita Ranno, Anna Scozzari, Stefania Dibartolo.
Nel 1976 la commedia fu messa in scena al teatro della Marina militare, insistente sull’attuale banchina “Tullio Marcon”, dal “Teatro Gruppo di Augusta” diretto da Giorgio Càsole, anch’egli nei panni di Ciampa. Quest’anno ricorre il centenario della prima messa in scena in lingua italiana, al teatro Morgana di Roma, mentre la prima assoluta, al teatro Nazionale, risale al 1917 ma nella versione originaria in siciliano.
“Il berretto a sonagli” potrebbe essere definita la commedia delle tre corde. Ne parla esplicitamente il protagonista, l’anziano Ciampa, alla signora Beatrice, moglie del cavalier Fiorìca, professionista di cui Ciampa è contabile. La giovane moglie di Ciampa è l’amante del principale. Ciampa lo sa, Beatrice ne ha il sospetto e vuole cogliere i due in flagranza di adulterio. Chiama il delegato di polizia per attuare il proposito e, per avere più mano libera, fa allontanare Ciampa chiedendogli d’andare a Palermo, con una scusa, proprio il giorno in cui i due amanti saranno beccati.
Ciampa, da buon siciliano, intuisce il piano di Beatrice, ma prima di soddisfare la richiesta della moglie del principale, in un lungo monologo, da cui traspare tutta la tristezza del povero cristo anziano che si accontenta di spartire la giovane consorte, ammonisce Beatrice sulle tre corde: la corda civile, la corda pazza e la corda seria. La corda civile è quella dell’ipocrisia che ci permette il quieto vivere nel consorzio umano, la corda seria è quella della razionalità che consente il dominio degli istinti; entrambe sono necessarie per evitare di fare scattare la terza corda: la corda pazza, che consente il libero sfogo di quelle passioni che possono portare persino all’omicidio.
Ciampa, infatti, da siciliano che deve rispettare il codice d’onore impostogli dal suo humus culturale, “deve” uccidere la giovane moglie e il cavalier Fiorìca, una volta che è stato sputtanato come becco davanti all’opinione pubblica, in seguito all’intervento della polizia nell’ufficio del cavaliere, dopo la denuncia di Beatrice. L’unica soluzione possibile al delitto d’onore è quella dell’ipocrisia: Beatrice deve fingere d’essere pazza e, per essere convincente, dev’essere ricoverata in una casa si cura. La soluzione proposta da Ciampa viene gradualmente ma coralmente approvata e Beatrice alla fine fa la pazza, sbeffeggiando Ciampa.