Giovane archeologo augustano firma studio sul Plastico di Pompei
AUGUSTA – Riaffiora il passato nel comporre insieme i suoi pezzi. Cocci di argilla, basamenti marmorei, parti lignee di sculture, che il tempo con le sue calamità ha mutilato, sono le tracce che un archeologo e ricercatore augustano studia e approfondisce, motivato dall’importanza di una riscoperta valorizzazione della storia e dei luoghi, prima ancora che dal proprio interesse personale.
È il contesto raccontatoci da Giulio Amara che, di recente, ha concluso i suoi studi triennali in Lettere classiche e gli studi magistrali in Archeologia, presso l’Università degli studi di Catania. Ad oggi è un allievo diplomando della Scuola Superiore catanese, rinomata come Istituto di alta formazione basato sul merito e fondato nel 1998, sul modello della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, di cui, tra l’altro, Amara è, attualmente, un dottorando.
Rappresenta una tra le tante e giovani eccellenze che la nostra città può vantare. A quasi 26 anni ha già condotto un periodo di studio in Belgio presso l’Università di Gent, seguito da attività sul campo in un sito ellenistico-romano della provincia di Pisidia in Turchia, dove si è occupato della ricerca tipologica di alcune classi ceramiche.
Tra le prestigiose attività di studio e di collaborazione che ha avuto l’onore di compiere vi è anche stata la partecipazione al progetto di “Valorizzazione e fruizione dell’anfiteatro romano di Catania“, promosso dall’Ibam – Cnr l’anno scorso, che ha riscosso una grande risonanza e un enorme interesse nell’opinione pubblica, riportando alla luce un monumento quasi oscurato, valorizzandolo e potenziandolo mediante l’applicazione di nuove tecnologie.
Ed è senza dubbio di rilievo lo studio sul grande Plastico di Pompei, conservato al Mann, il Museo archeologico nazionale di Napoli. Lo studio è stato autorizzato dalla Soprintendenza di Pompei, Ercolano e Stabia per eseguire un’accurata campagna fotografica direttamente a Pompei, studiando e documentando contesti archeologici non accessibili ai visitatori.
Amara descrive il suo approccio, da cultore, alla celebre opera: “Ho potuto toccare con mano un reperto che ha dell’incredibile: un modello in sughero del sito di Pompei, realizzato nell’Ottocento, che anch’io ho avuto modo di analizzare, sia come prodotto culturale, che come testimonianza documentaria per la ricostruzione di contesti archeologici ormai, a distanza di più di un secolo, danneggiati o irrimediabilmente perduti”.
Da questo lavoro di tesi sono in fase di pubblicazione numerosi e specifici contributi e se ne continua a dare informazione anche grazie al supporto della stampa nazionale. Diversi i riconoscimenti ottenuti e gli articoli pubblicati, tra cui uno sul quotidiano La Repubblica.
Nel raccontare di ciò, tiene a ringraziare il prof. Daniele Malfitana, archeologo e docente presso Unict, tutor presso la Scuola Superiore di Catania e direttore dell’Ibam – Cnr insieme a tutto il team interdisciplinare di ricercatori dell’Istituto per i Beni archeologici e monumentali del Cnr, da lui diretto.
“Mi ha guidato e consigliato in maniera sapiente durante gli anni universitari e per la mia ultima tesi dal titolo: “Il plastico di Pompei: tra tradizione e nuova metodologia” – e prosegue – Analizzando alcuni contesti chiusi mi sono reso automaticamente conto di quanta attenzione e sensibilità servono per leggere ogni angolo di un sito di scavo. Credo sia necessario ritrovare la volontà di creare cooperative che si occupano di questo, anche dalle nostri parti. Megara Iblea non è da meno rispetto a Pompei. Partendo dalla ricostruzione non solo storica ma soprattutto artistica di ogni luogo si può dare nuovo senso e significato alla contemporaneità che altrimenti resterebbe inspiegata”.
Raccontandoci della sua prima e importante esperienza sul sito archeologico di Pompei, mostra di coltivare la sua passione per gli studi umanistici e l’archeologia con molto senso del dovere, profonda umiltà e serietà, difendendo il ruolo sempre necessario e fondamentale che ricercatori impegnati offrono anche e soprattutto in questo campo di studi, spesso erroneamente tacciato di scarsa disponibilità lavorativa.
“La felicità di una scelta ha delle ragioni che in passato non avremmo mai scorto – ci dice -. All’inizio dei miei studi non mi sarei mai immaginato qui. Eppure soltanto pochi anni mi separano dall’ingenuità di quel primo giorno. Tutto ha sempre inizio con quella prodigiosa incoscienza del gioco, dopo ci si accorge di quanto il futuro sia un’alchimia imperfetta di passioni e intuizioni, di incontri e casualità; un complesso prodotto artigianale da plasmare ogni giorno. La sfida è sorprendersi per la bellezza come il primo giorno, senza perdere mai il piacere segreto del gioco”.
Il giovane archeologo è stato anche ospite lo scorso martedì 17 gennaio del Liceo “Megara” di Augusta, dove ha tenuto una lezione frontale per gli alunni delle classi 1ªA e 1ªB del Liceo scientifico, coordinate dalla docente di disegno e storia dell’arte Ornella Spina a supporto delle sue attuali lezioni sulle origini della storia dell’arte. A organizzare il seminario dal titolo “Cos’è l’archeologia” è stata la prof.ssa di lettere Giovanna Scala, di cui Amara è stato alunno, al Liceo classico appunto.
Tra i prossimi obiettivi, a breve concluderà il percorso di studi presso la Scuola Superiore di Catania e proseguirà la strada della ricerca appena intrapresa alla Normale, cercando di apprendere quanto più possibile competenze e abilità in un ambiente stimolante e fertile come quello universitario, ma soprattutto senza perdere di vista la crescita umana necessaria e che scaturisce dal confronto fra idee, opinioni e prospettive di vita.
“Faccio i conti con le tracce antiche e involontarie che ogni civiltà lascia. Faccio i conti con ciò che c’è e che non c’è imparando a ricostruirlo. Ciò che è importante in archeologia e in generale quando si studia qualcosa è attenzionare proprio ciò che non c’è e non si vede. Immaginiamo dunque di osservare una mela morsa, di ricostruirne il torsolo e partire dal morso, dall’azione, ossia quell’evento che toglie sempre qualcos’altro”.
Alessandra Peluso