AUGUSTA – Nella cosiddetta “Cittadella degli Studi”, dove sono ubicate le strutture dei due licei augustani e della scuola media Principe di Napoli, nonché della disastrata palestra, è stata segnalata la presenza di branchi numerosi di cani randagi. Stazionano nei pressi della ex palestra, ormai solo ricordo di più generazioni di studenti augustani, e si muovono in branco senza meta e senza timore.
Il fenomeno del randagismo, questione irrisolta, comporta una serie di rischi: ai problemi di sicurezza, legati al fatto che si tratta di animali non curati (una malattia come la rabbia provoca comportamenti particolarmente aggressivi), si aggiungono quelli relativi all’igiene pubblica. Basti considerare che gli animali abbandonati a se stessi, oltre a vivere in ambienti laidi e malsani, si nutrono di cibo avariato, recuperato per lo più dai sacchetti di spazzatura.
Ad Augusta, nel 2010, sono stati i cittadini a mobilitarsi costituendo l’associazione “La casa dei randagi”, un’organizzazione non profit che funge da centro di prima accoglienza per i cani randagi, per quelli che hanno perduto il padrone e per quelli che sono stati abbandonati. Difatti, vengono sin da subito sottoposti alle misure di profilassi di routine. All’interno della struttura, sita in località Vetrano, sono stati realizzati dei box per i cani adulti e delle cucce per cani di pochi mesi, oltre una sala per la toelettatura.
Iniziativa che è riuscita a portare sollievo a cittadini e cani, sterilizzando centinaia di randagi, aiutando i padroni a ritrovare i propri animali domestici smarriti e favorendo l’adozione di cuccioli.
Al fine di ridurre i danni connessi al problema degli animali randagi, ogni Paese adotta misure di prevenzione attraverso la formulazione di normative atte a determinare il ruolo degli enti locali nella lotta al fenomeno in esame. Si ricorda che il ruolo fondamentale nella lotta al randagismo lo rivestono i Comuni, obbligati al rispetto delle norme in “materia di affezione e prevenzione al randagismo”.
La materia è contenuta nella legge quadro del 1991, secondo cui “lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali d’affezione, condanna atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente“. Tali norme prescrivono inoltre che i Comuni provvedano al risanamento dei canili esistenti all’interno del territori e alla costruzione di rifugi per i cani.
I Comuni hanno altresì la possibilità di gestire canili e gattili direttamente o attraverso convenzioni animaliste, o con soggetti privati, e la possibilità, se non il dovere, di istituire un servizio veterinario pubblico. Si sollecita, quindi, un intervento comunale nelle zone interessate, onde evitare ai cittadini residenti ulteriori incontri ad alta tensione.
Cecilia Casole