Pillole di resilienza anti-coronavirus. Gestire lo stress per evitare il trauma


AUGUSTA – Nell’emergenza sanitaria da Coronavirus, c’è da fare i conti anche con i risvolti psicologici a cui vanno incontro i cittadini in isolamento domiciliare per settimane come anche i lavoratori delle categorie rimaste attive, perché “essenziali” per decreto, in città semi-deserte. Accanto alle notizie, quelle verificate, su quanto sta accadendo, abbiamo ritenuto di fornire un ulteriore strumento di comprensione ai nostri lettori sul fronte psico-sociale. Così nasce la rubrica chiamata “Pillole di resilienza”, in chiave divulgativa, a cura dello psicologo augustano Francesco Cannavà.
L’epidemia in corso ha improvvisamente mutato le abitudini dei cittadini del 2020, proiettando la popolazione all’interno di un’esperienza personale che vede mutare il contesto esterno e l’universo interno dell’individuo, talvolta in modo impercettibile, talvolta in modo radicale e sconvolgente, mettendo alla prova la capacità di adattamento della mente umana e con lei l’inscindibile e delicatissimo rapporto tra mente e corpo secondo un modello teorico bio-psico-sociale.
Affrontare un’emergenza, come stiamo scoprendo, non è solo scavare tra le macerie di un palazzo crollato per un sisma; oggi più che mai, all’interno di tanti appartamenti chiusi per la quarantena, si sta scavando tra le macerie di progetti personali, aspettative lavorative, relazioni affettive, rapporti di coppia, ruoli familiari, crollati sotto la dirompente messa alla prova della reclusione, della convivenza forzata e delle sospensioni lavorative.
Bloccata ogni via di fuga dai propri contesti affettivi imperfetti e dai mostri presenti in ogni mente introspettiva, ci ritroviamo di fronte alla necessità di affrontare tanti discorsi e confronti evitati da tempo, col loro carico di emozioni scomode.
In questo scenario di conflitti taciuti sotto il bombardamento mediatico di numeri e dati, con lo sguardo oltre la finestra, verso le piazze vuote, l’individuo è chiamato ad affrontare le fisiologiche ansie e paure legate alla pandemia. Sappiamo che il prolungarsi degli stati ansiosi connessi ad eventi di massa di dimensione epocale come la presente epidemia, possono avere effetti sull’immagine di sé, sui valori, sulle credenze, sull’atteggiamento verso la vita, sul comportamento, sulle relazioni. Possono! Non è scontato. Certo è invece che, benché con grande sforzo, la mente umana si adatta al mutamento, soprattutto se vi trova un senso. La capacità di adattarsi dipende, in contesti come quello attuale, dalla resilienza dell’individuo, sostenuta da esperienze precedenti di efficacia personale, volontà di andare avanti, fiducia in sé stessi.
Rimanendo nel modello bio-psico-sociale di approccio al problema “epidemia”, potremmo dire che il contesto può suscitare pensieri negativi, che accompagnati da emozioni negative, possono indurre a fissazioni negative rispetto al futuro, il ché genera la “risposta da stress”, caratterizzata dalla produzione di ormoni specifici. Queste molecole incidono sulla percezione stessa dello stress, ingenerando ulteriore produzione degli stessi ormoni, che come effetto sul corpo hanno, tra gli altri, una riduzione dell’efficacia delle difese immunitarie e sulla mente sensazioni di disagio anche importanti.
Come salvarsi da questa spirale negativa?
È utile scegliere e focalizzarsi volontariamente su pensieri positivi provenienti dai nostri sogni e desideri, ma più ancora dalla nostra esperienza di vita e dalle nostre passioni, perché in questo caso accompagnati da una maggiore vividezza e ricchezza di dettagli. Distaccarsi temporaneamente dal contesto condizionante in modo negativo per ritrovare motivazione e ottimismo, non è una forma di alienazione, quale potrebbe essere quella di guardare un film per non pensare alla realtà. È una forma di creatività, volontaria e personale, volta all’immaginazione di un futuro possibile, auspicabile e positivo. Poi approfondire. Cercare, tra libri, internet, esperienze altrui, gli elementi per progettare le tappe che portano alla realizzazione del pensiero positivo. Dedicarsi mentalmente e poi concretamente alla realizzazione di mete personali genera la produzione di altre molecole: le endorfine. Le matrici delle sensazioni positive, delle emozioni piacevoli, che sostengono l’organismo e la qualità della vita. Poi fare in modo che i pensieri coinvolgano le persone attorno, con cui si convive, condividerli, alla ricerca del contatto fisico, capace di produrre quella benedetta ossitocina che ci conferisce, assieme alle altre endorfine quelle doti di forza, resistenza e benessere con le quali guardare il futuro nella giusta ottica per resistere e per ripartire.
Attenzione: non tutto lo stress, la paura, il dolore, la vulnerabilità o l’impotenza, diventa Trauma! In ottica psicodinamica, lo sviluppo di un trauma dall’esperienza che ognuno di noi sta vivendo in modo personale, dipende dalla capacità individuale di comprendere, elaborare e reagire all’evento e alle emozioni che lo accompagnano. Quando l’esperienza si fa intollerabile per la mente del soggetto, sconvolgendolo, perché non ha strumenti per comprenderla e adattarvisi, questo può alterare la propria valutazione di sé come soggetto attivo verso l’esperienza che lo ha travolto ed incidere sui suoi comportamenti e le sue capacità, personali e relazionali. Ecco quindi che per evitare il trauma è importante che tutto ciò che siamo “costretti” a fare o a cui rinunciamo oggi deve avere un senso, chiaro, concreto, meglio ancora se condiviso. Soprattutto per i bambini, che vanno aiutati e sostenuti nella ricerca di senso per tutte quelle differenze che stanno vivendo.
È fondamentale gestire lo stress oggi, con un approccio adattivo, comune, con una visione chiara del senso delle nostre azioni e delle nostre rinunce, delle perdite, anche con l’aiuto degli psicologi. Ciò per non lasciare spazio a quello stravolgimento radicale e intollerabile che annulla i nostri riferimenti generando il trauma. Bisogna conservare e ribadire il proprio valore, mantenere la sensazione di poter agire sul problema influenzandone l’esito, ricordare che dalle difficoltà usciremo rafforzati, per inibire quel disorientamento psicoemotivo profondo che resta nella memoria come la radice del Disturbo Post Traumatico da Stress, con cui le popolazioni potrebbero dover fare i conti quando l’epidemia sarà passata.
Francesco Cannavà*
*Psicologo