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Augusta, demolizione carcere sul Castello svevo: l’amministrazione tira dritto, le associazioni non ci stanno, Samonà precisa

AUGUSTA – Torna a far discutere, tecnici, politica e cittadini, il progetto esecutivo di “consolidamento, restauro e fruizione” del Castello svevo che prevede la demolizione di alcune cosiddette superfetazioni, consistenti nella maggior parte della struttura carceraria di fine ottocento.

La Regione (stazione appaltante è stato il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento) si trova in una fase molto avanzata, prossima alla consegna dei lavori alla ditta aggiudicataria del bando di gara, il cui termine è scaduto sei mesi fa, per il primo stralcio funzionale dei lavori da 5 milioni di euro. A cui dovrebbe seguire un secondo stralcio, che sarà da rifinanziare con poco più di 4 milioni.

Non si è tenuto l’incontro pubblico promesso dalla soprintendente ai Beni culturali di Siracusa, Donatella Aprile, in risposta ad Archeoclub lo scorso giugno, per “presentare il progetto attraverso la descrizione da parte dei progettisti – queste le parole usate allora dalla soprintendente – al fine di chiarire le scelte progettuali adottate che, se alcune di esse possono non trovare condivisione, hanno senz’altro delle motivazioni tecniche e strutturali“. Tale incontro si è tenuto nei giorni scorsi in una video conferenza riservata agli esponenti della nuova amministrazione comunale, oltre che ai presidenti delle associazioni locali (Archeoclub sede di Augusta, Italia nostra sezione di Augusta, La Gisira di Brucoli) che allora avevano richiesto chiarimenti, a cui hanno preso parte l’assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà, insediatosi sei mesi fa a bando pubblicato, la soprintendente Aprile e i tecnici (il Rup nonché direttore dei lavori Bernardo, la direttrice della sezione Beni architettonici Ministeri, il funzionario nonché curatore delle indagini geognostiche Tiralongo).

Lo si apprende da una nota dell’assessore comunale Giuseppe Carrabino, del 2 dicembre, che nel mese di giugno era intervenuto nella precedente veste di presidente della Società augustana di storia patria sollevando perplessità sulla carenza di comunicazione istituzionale e sulla prevista demolizione delle celle. “Una decisione, quella delle demolizioni, che ha suscitato perplessità tra gli addetti ai lavori ma che trova fondamento nella carta del restauro – ha riferito adesso l’assessore della neo amministrazione Di Mare – illustrata dai tecnici della sovrintendenza con l’ausilio di slide che hanno permesso di documentare le varie fasi degli interventi già eseguiti nel corso del tempo unitamente alle indagini della natura del terreno con componenti di argilla e calcareniti sui quali insiste l’eccessivo peso di murature erette sul maniero federiciano. Il peso di queste strutture – ha aggiunto – minaccia irrimediabilmente l’unicità di un monumento che deve tornare nella sua integrità pur con tutte le difficoltà che si potranno incontrare durante gli interventi di demolizione che comunque necessitano di un progetto specifico che tenga conto della complessità di stratificazioni“.

Rammentiamo che la conclusione di questo primo step – ha concluso Carrabino – prevede la parziale fruibilità del monumento che potrebbe così ospitare quelle istituzioni culturali che da anni attendono spazi adeguati e in particolare il Museo della Piazzaforte con i suoi numerosi cimeli molti dei quali ospitati nel Museo dello Sbarco nel complesso delle Ciminiere di Catania“. “Alle rassicurazioni dell’assessore Samonà ha fatto seguito l’intervento del sindaco Di Mare – ha riferito inoltre Carrabino – che ha chiesto di procedere speditamente onde evitare di perdere una importante occasione per la città“.

È intervenuto infatti l’assessore regionale Alberto Samonà, che lo scorso giugno, insediato da appena un mese, ai nostri microfoni lasciava uno spiraglio sul mantenimento della struttura carceraria: “Bisogna capire tecnicamente l’impatto che ha tutta questa parte sull’impianto medievale. Non posso essere io a dirlo, ma devono essere i tecnici del Dipartimento (regionale dei Beni culturali, ndr) e della Soprintendenza – dichiarava a giugno – Laddove i tecnici dovessero concludere che queste parti del Castello non danneggino la restante parte dell’impianto, cioè quella originaria, sicuramente sarà cura dei nostri tecnici fare in modo che non vi sia alcuna demolizione. Se dalla valutazione tecnica si dovesse concludere questo, io sono sempre dell’idea che è più importante conservare piuttosto che distruggere“.

Adesso, con una nota diramata il 4 dicembre, si limita a fornire alcune precisazioni rivendicando la paternità dell’iniziativa di incontro: “L’incontro, che era stato già programmato sin dai mesi scorsi e che si sarebbe dovuto svolgere i primi di ottobre, era stato rinviato per consentire alla nuova giunta comunale di Augusta di insediarsi e di partecipare pienamente all’iniziativa. È apprezzabile, quindi, l’attenzione con cui il neo assessore alla Cultura del Comune di Augusta e il sindaco, coinvolti dalla Regione, hanno partecipato all’iniziativa che riguarda un’emergenza architettonica molto importante per la Città di Augusta, ma non si possono lasciare dubbi sulla paternità di un’iniziativa che è della Regione“. “Ovviamente massima continuerà ad essere la collaborazione che la Regione darà al Comune di Augusta – aggiunge Samonà – per la tutela, la salvaguardia e il restauro di un bene monumentale dal grandissimo valore storico-culturale“.

Di particolare rilievo, negli ultimi giorni, il fatto che due delle associazioni coinvolte nell’incontro online, segnatamente Archeoclub e Italia nostra, hanno ribadito la netta contrarietà alla demolizione dell’intera struttura carceraria prevista nel progetto esecutivo.

L’Archeoclub d’Italia sede di Augusta – scrive la presidente Mariada Pansera conferma la posizione già espressa alla soprintendenza attraverso una nota inviata in data 15 giugno 2020 e qui di seguito riportata: “Pur condividendo la necessità di eliminare le cosiddette “superfetazioni” che gravano sulla struttura originaria provocandone lo scivolamento, ciò non di meno corre l’obbligo, a nostro avviso, di conservare e tutelare almeno una parte dell’architettura penitenziaria testimone di periodi storici vissuti dalla città in taluni casi ancora vivi nei ricordi dei nostri concittadini; basti pensare al legatore di libri, il falegname, il fabbro o il falegname cui spesso i cittadini di Augusta si rivolgevano per le proprie esigenze”. “Inoltre – aggiunge Pansera – appreso dai punti 3 e 4 del progetto di demolizione che “nella fase di progettazione non è stato possibile ispezionare alcune zone del complesso pertanto la verifica sarà effettuata in fase esecutiva e dopo l’apprestamento di appropriati anditi di servizio che ne consentiranno una più sicura verifica dei locali”, suggerisce non solo di procedere con ispezioni diagnostiche più approfondite ma, proprio allo scopo di limitare e contenere le demolizioni previste per la struttura carceraria, di intervenire con un rafforzamento dal basso con le cosiddette “barriere soffolte”“.

La superfetazione carceraria edificata nel 1890 – scrive Jessica Di Venuta, presidente della sezione cittadina di Italia nostra – è patrimonio culturale, storico e monumentale della nostra città, e parte integrante, irrinunciabile e qualificante non solo del nostro paesaggio ma anche per le generazioni di Augustani che si sono succedute nell’arco di questi ultimi due secoli. Il paesaggio urbano è l’insieme dell’ambiente e dei luoghi con cui una persona sviluppa una relazione di attaccamento, per la sua salienza relazionale e temporale nell’arco della vita e per i benefici riconducibili alla dimensione del benessere collettivo. La tutela del paesaggio, sintesi visibile della relazione dell’uomo con l’ambiente, è anche un importante fattore di aggregazione sociale, e un tema fortemente sentito come connesso alla qualità della vita. Preservare la memoria storica del Castello svevo di cui è parte integrante la struttura carceraria significa non soltanto tutelare l’integrità del bene culturale ma anche l’identità del territorio megarese, e inoltre creare ricchezza attraverso il turismo“.

La secolare struttura penitenziaria si distingue non solo per le sue caratteristiche intrinseche, riferibili ad eventi singoli e collettivi relativi alla storia d’Italia, ma soprattutto per il suo valore storico testimoniale, oggetto di vincolo – precisa Di Venuta – contemplato dall’art. 2 della L. 1089 del 1939 con l’introduzione, a partire dal Dpr 283/2000 art. 2, comma 1, lettera d della tutela di beni culturali aventi valore storico-identitario. È necessario quindi, restituire alla fruizione il nostro bene culturale con la creazione di un museo della detenzione e del brigantaggio. Demolire la struttura carceraria equivale a perdere un secolo di storia narrato a partire dall’unità d’Italia, e sicuramente in seguito le future generazione chiederanno il conto di questa scelta“.

Di natura diversa le perplessità manifestate dall’associazione storico-culturale “La Gisira di Brucoli“. “Nel dettaglio – riferisce, tra le diverse osservazioni, il presidente Giampiero Lo Giudice abbiamo chiesto chiarimenti sulle modalità di intervento dei 60 giorni di scavi archeologici negli oltre due anni di cantiere previsto, con particolare attenzione alle indagini geofisiche tramite introspezioni radar del sottosuolo, da cui sono emerse alcune “strutture interrate con copertura a volta”, al fine di valutare la presenza di fosse granarie (per la conservazione dei cereali) alla luce degli oltre 7 secoli di attestazione delle attività portuali in ambito cerealicolo. Queste strutture sotterranee, fosse ipogee deputate alla conservazione cerealicola a lungo termine, sono oggetto di importanti studi internazionali sui fenomeni che la gestione di strutture commerciali complesse come i “caricatori infra ed extra regno”, hanno generato sui territori in cui insistevano, sia dal punto di vista prettamente economico che dal punto di vista antropologico, impattante sulle dinamiche sociali. Abbiamo chiesto quindi, maggiore attenzione nelle indagini archeologiche relative alle strutture interrate interne al cortile del maniero ed esterne al nucleo centrale della struttura“.


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