Breve storia di Augusta: festeggiamenti di San Domenico


AUGUSTA – Nell’ambito di una più ampia iniziativa editoriale promossa da La Gazzetta Augustana.it di divulgazione e promozione della storia di Augusta, abbiamo previsto una rubrica settimanale tematica nel nostro web magazine di approfondimento “Cultura”. Ha per titolo “Breve Storia di Augusta” ed è curata da Filippo Salvatore Lentini, detto Salvo, già ufficiale della Marina Militare, che da appassionato alle vicende storiche e alle tradizioni augustane, facendo ricorso ad un’estesa bibliografia che comprende i numeri del “Notiziario storico di Augusta” e i diversi lavori succedutisi nel tempo di noti studiosi della storia cittadina (che Lentini ci ha chiesto di menzionare in ordine casuale in premessa: Mario Mentesana, Elio Salerno, Tullio Marcon, Ennio Salerno, Vincenzo Vinciguerra, Ezechiele Salerno, Giorgio Casole, Sebastiano Salomone, Giovanni Vaccaro, Giuseppe Messina, Giovanni Satta, Giuseppe Carrabino, Italo Russo e non solo), ha pubblicato nel 2008 l’apprezzata opera dal titolo “L’Isola delle Palme”. Offrirà ai lettori de La Gazzetta Augustana.it, per la prima volta su una testata, la versione ridotta e adattata al web della sua pubblicazione.
9. Festeggiamenti di San Domenico.
Le annuali celebrazioni in onore di San Domenico, canonizzato nel 1234, si svolgono il 24 maggio, a ricordo di quel lontanissimo giorno del 1594 quando il Santo, apparso in groppa ad un cavallo ed armato di una luccicante spada, riuscì da solo a spaventare e mettere in fuga i Turchi, che per l’ennesima volta tentavano d’impadronirsi della città di Augusta. Però, nello stesso giorno di maggio, ricorre anche l’anniversario della traslazione del Corpo di San Domenico, avvenuta nell’anno 1233, quindi è possibile che la ricorrenza celebrativa possa derivare anche da tale avvenimento.
Per quanto accennato, è palesemente spiegato il motivo perché i festeggiamenti, in onore di San Domenico, hanno sempre avuto il loro fulcro principale nell’antica e tradizionale corsa dei cavalli; infatti, la maggioranza delle effigi, riproducono il Santo a cavallo e con la spada sguainata, nell’atto di respingere l’attacco sferrato alla città dagli invasori turchi. Corse di cavalli che si svolgevano nella principale via urbana, la Via Principe Umberto, ovvero la locale “Strata Mastra”, con la partenza dall’ex Porta di Terra-vecchia, situata all’ingresso di Piazza Risorgimento, e l’arrivo all’altezza del Palazzo Comunale, anche se i cavalli proseguivano la loro corsa fino alla “Villa”. Alla gara prendevano parte due cavalli per volta, guidati ed aizzati dai propri fantini, correndo su di un percorso pavimentato con lastroni ricavati dalla lava dell’Etna.
L’attesa manifestazione faceva riversare la popolazione, ed anche un notevole numero di forestieri provenienti dai paesi vicini, sin dalle prime ore del pomeriggio nella Via Principe Umberto, per schierarsi lungo il percorso dove si sarebbe svolta la gara. Oltre ai tanti fortunati che potevano appostarsi nelle finestre o sui balconi delle abitazioni della “Strata Mastra”, una massiccia folla di gente si piazzava nei bordi dei marciapiedi e, soprattutto in tempi lontani, spesso invadeva anche la strada, con il rischio di essere travolta dai cavalli in corsa. La situazione di pericolo non mutò neanche quando, con gli anni a venire, furono predisposte delle transenne lungo tutto il percorso, per evitare che il numerosissimo pubblico occupasse la pista di gara: infatti, c’erano sempre quelle persone che oltrepassavano i limiti di sicurezza, esponendosi ad alti rischi d’incidenti. Questa insostenibile situazione di continuo pericolo causò la cancellazione, per ovvi motivi di sicurezza pubblica, della tradizionale “cursa” dei cavalli suscitando negli Augustani un grande rammarico per il significato storico e religioso che essa rappresentava e per quel particolare fascino, contornato da puro e semplice folclore, che la stessa sapeva suscitare.
La prima cancellazione della corsa dei cavalli dai festeggiamenti domenicani avvenne alla fine degli anni Settanta e, dopo più di un decennio, fu ripresa con la speranza di ripristinare quell’antica tradizione, tanto cara a diverse generazioni di “Ustanisi”. Purtroppo, perdurando la non sicurezza pubblica, la tradizionale corsa dei cavalli venne abolita definitivamente, per essere rimpiazzata da una semplice sfilata di cavalli e cavalieri e, negli ultimi anni, da personaggi sfilanti in abiti di stile medioevale, per far rivivere l’epoca di Federico II, fondatore della città di Augusta.
Anche la festa di San Domenico, in base ad un’usanza simile alle altre celebrazioni religiose locali, era preannunciata dal caratteristico “bibidibì”, termine dialettale con cui si chiamava il suonatore di tamburo che, accompagnato dall’enorme stendardo raffigurante San Domenico a cavallo, percorreva le vie della città. La strada principale della città e le vie vicine alla chiesa del Santo Patrono erano decorate con archi trionfali, illuminati da variopinte lampadine. In qualche piazza ed in alcune strade del centro storico, ma in particolar modo nei viali dei Giardini Pubblici, si installavano (come avviene ancora oggi) diverse bancarelle, stracolme di leccornie di vario genere ed altre con prodotti prettamente commerciali.
Particolarmente in passato, durante i giorni dei festeggiamenti, si svolgevano diverse competizioni sportive, gare e giochi di abilità e di bravura, capaci di richiamare tantissima gente che assisteva con molta curiosità e con spassoso divertimento. Fino ad un ventennio fa, in questi giorni, per rispettare una vecchia usanza, molte persone indossavano il vestito migliore che avevano e c’erano quelli che addirittura lo indossano per la prima volta, avendolo comprato o fatto cucire per l’occasione.
In ogni angolo della città si veniva così a creare una scenografia festosa abbastanza piacevole, capace di trasmettere allegria e gioia alle tantissime persone che, nell’attesa del passaggio della processione religiosa, passeggiavano avanti ed indietro, facendo delle soste per riposarsi e rinfrescarsi gustando squisiti gelati o rifocillarsi con “iris, pizzetti e arancini”, nei tavolini messi di proposito dai vari locali pubblici presenti, soprattutto fino a qualche ventennio addietro, nei Giardini Pubblici e in quel tratto della Via Umberto compreso fra la stessa “Villa” e la Piazza Duomo.
La festa liturgica si svolge con la processione nel giorno della vigilia del Braccio Reliquiario, contenente un dente di San Domenico e, nella serata del 24 maggio, con quella della “vara”, con il venerato simulacro del Santo Patrono. Ancora fino ad alcuni anni addietro, al termine della processione religiosa, con tanto di banda musicale e con molti fedeli al seguito, il Santo Patrono veniva portato nei pressi della “Badiazza” da dove, in una grande cornice di gente assiepata in ogni angolo della “Villa”, il Santo assisteva allo spettacolo pirotecnico in suo onore; fuochi d’artificio sullo splendido scenario dell’antistante Golfo Xifonio che, per l’occasione, si illuminava a giorno ad ogni singolo sparo di mortaretti.
Da qualche anno questi fuochi d’artificio si effettuano quando il corteo con il simulacro di San Domenico giunge all’altezza di Piazza Duomo; quindi, dopo una predefinita serie di spettacolari e variopinti disegni tuonanti, creati nel cielo dai mortaretti, uno sparo, solitamente più forte degli altri, avverte della conclusione degli stessi fuochi pirotecnici e di tutti i festeggiamenti. Quindi la folla di gente comincia a disperdersi, per far ritorno alle proprie case; anche San Domenico, seguito da meno fedeli, s’incammina per raggiungere la sua casa: quella Chiesa che di recente, dopo lunghi anni, è tornata ad accogliere il suo più degno Inquilino.
Fino ai primi anni Cinquanta del Novecento, era tradizione che gli Augustani, il giorno successivo a quello dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono, facessero una scampagnata fuori porta e, nel frattempo, visitassero anche la fiera del bestiame che si teneva nell’area che dalla contrada Palma arrivava fino a poco prima del ponte spagnolo, nel luogo che adesso è denominato Largo Marco Polo .
Salvo Lentini