Cultura

Il detenuto-artista che ha realizzato l’attrezzeria de “L’elisir d’amore”

AUGUSTA – Riceviamo e pubblichiamo qui di seguito un’intervista al tecnico che ha realizzato l’attrezzeria disegnata dalla scenografa Tiziana Armellini per l’imminente messa in scena de L’elisir d’amore, in programma domenica 29 maggio al teatro “Città della notte”, una produzione della Yap, accademia musicale presieduta dal tenore Marcello Giordani.

L’intervistato è Vincenzo Scuderi, detenuto sottoposto a regime di massima sicurezza, che, grazie alla collaborazione tra la produzione Yap e la Casa di reclusione di Augusta, ha avuto l’occasione di mettere a frutto la propria competenza tecnica e passione per l’arte, essendosi laureato con merito all’Accademia delle Belle arti. Scuderi, per motivi legati alla sua condizione, non potrà vedere la messa in scena dello spettacolo ma la gloria, che merita, può arrivare anche grazie ad un articolo che racconta la sua esperienza.

Parlami della tua passione per l’arte. Quando hai iniziato a dipingere? Che tecnica preferisci? Cos’è per te l’arte e chi è il tuo pittore preferito?

Dipingo da sempre, ma quando sono “cresciuto” ho staccato, per tanti motivi, per poi riprendere da 15 anni circa. Mi piacciono molte tecniche ma quelle che preferisco sono l’acquerello e l’olio da circa dodici anni ho scoperto una tecnica a me sconosciuta, ma che si usa nell’iconografia bizantina, della quale c’ho discusso la tesi di laurea. Per me l’arte ha un grande valore, anzi tanti valori, perciò l’arte mi fa uscire spesso dagli schemi senza che ciò possa farmi incorrere in situazioni spiacevoli. Il mio pittore preferito Claude Monet, ma senza che ciò possa oscurare minimamente i grandi del rinascimento.

Qual è i tuo sogno nel cassetto legato all’arte?

Riuscire a lasciare ai posteri anche una sola opera che faccia ricordare in modo positivo un uomo qualunque, me!

Sei appassionato anche di teatro?

Da circa 6 anni faccio parte di una compagnia teatrale attiva dentro la casa di reclusione di Augusta “Voci dal palcoscenico”, dove oltre a recitare piccole parti mi occupo delle scenografie e da quel che mi si dice lo faccio in modo discreto.

Com’è stata per te questa collaborazione?

Collaborare per quest’opera teatrale è stata un’esperienza nuova e vorrei tanto continuare su questa strada collaborando a un altro spettacolo in prossimo futuro. Ho conosciuto alcune persone anche se sono passate molto velocemente.

Descrivimi quali materiali hai utilizzato e come hai realizzato i leccalecca giganti.

Per realizzare questi gadget ho utilizzato carta di giornali, cartone, colla vinilica, carta gommata, colori e tanta pazienza. Per realizzare i leccalecca ho cominciato con il prendere due dischi di cartoni, su uno ho incollato dei bicchieri da caffè (usati), usando la vinilica e bloccandoli con della carta gommata, e poi ho incollato su l’altro disco di cartone. Con del giornale arrotolato e quindi appiattito (a mo’ di cintura) ho rivestito le estremità, dunque vi ho incollato un tubo di cartone creando così il bastoncino, infine ho ricoperto tutto con una miscela di colla acqua e carta di giornale. Ho lasciato asciugare ed ho colorato il tutto.

Qual è il lavoro di cui sei più orgoglioso?

Il quadro che serbo nel cuore si ispira un po’ a Chagall. È onirico, metaforico, surreale. È verde su verde, contiene dei simboli di Catania: gli archi della Marina, l’elefante, l’obelisco, il Fortino. Nel quadro ci siamo anche io e mio figlio, ci teniamo per mano e siamo liberi come un palloncino. Mio figlio è in sedia a rotelle ma grazie al suo cavallo può volare.


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