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Inaugurazione di un murale e flash mob al “Ruiz” per non dimenticare le vittime dell’Olocausto

AUGUSTA – Un’assemblea d’istituto particolare stamani ha visto coinvolti gli studenti di tutte le classi dell’Istituto superiore “Arangio Ruiz”, nella vigilia del “Giorno della memoria”, ricorrenza internazionale dedicata alle vittime dell’Olocausto. A coordinarne i lavori la docente Rosanna Bellistrì, che nell’aula magna dell’istituto ha spiegato le modalità di svolgimento dell’assemblea sul tema di quest’anno.

Gli alunni sono stati lasciati liberi di esprimere la propria creatività. Le prime due ore nelle singole classi hanno creato cartelloni, guardato immagini e video, tutti inerenti alla Shoah. Verso le 11, nell’aula magna, lo studente Carmelo Firrincieli, uno dei rappresentanti d’istituto, ha esposto il significato della ricorrenza celebrata il 27 gennaio di ogni anno, “per sapere, ricordare e non dimenticare”, ha sottolineato. È stato proiettato un brevissimo video con una sequenza di immagini storiche, forti, testimonianza della drammaticità e crudeltà di quella tragedia epocale.

Il pilastro dell’intera manifestazione è stata l’inaugurazione di un murale, opera nel segno della street art, realizzato su una parete del cortile della scuola. In primo piano una bambina con le mani alzate e la frase “Tutti coloro che dimenticano il proprio passato sono condannati a riviverlo…”, di Primo Levi. Alla destra del disegno, le firme degli artisti: Andrea “Spike”, Marco “Ash” e Andrea “Tos”. La studentessa Gaia Rizzo ha raccontato il senso dell’opera: “Il tema dell’Olocausto è sempre stato trattato come una tragedia di massa. L’immagine della bambina protagonista del murale mostra anche la tragedia individuale, la morte dell’umanità, dell’innocenza, dei sogni. Il prato verde e il cielo azzurro rappresentano la sconfitta del male e la vittoria del bene. Le mani celano una ricca simbologia: associate al potere, alla forza, alla lealtà, all’amicizia e alla fiducia”.

È stato chiamato lo psicologo Francesco Cannavà a spiegare che la “street art è un modo attraverso cui i ragazzi possono restituire identità a quelle situazioni di degrado urbano, un modo per riappropriarsi di un luogo e farlo ricordando un evento diventa una forma altissima di comunicazione sociale”.

Nel suo intervento, la dirigente scolastica Maria Concetta Castorina ha definito il murale come “una forma d’arte non convenzionale, che ci riporta a un evento della storia“. Ha rievocato quegli avvenimenti che hanno segnato, per l’orrore, la storia dell’umanità, sottolineando quanto sia importante il ricordo poiché “l’elemento discriminazione sta ritornando nella storia“. “Noi, oltre che scuola di contenuti, siamo una scuola di valori e il valore primario di questa istituzione e dei giovani del nostro territorio deve essere l’abbattimento delle barriere dell’intolleranza”, ha affermato la dirigente.

Intervenuta con la fascia tricolore, il sindaco Cettina Di Pietro ha esternato la propria emozione ai ragazzi per ciò che hanno realizzato, evidenziando che “c’è voluto un articolo della Costituzione per sancire il principio di uguaglianza: noi siamo figli di immigrati, siamo popolo dell’accoglienza e dobbiamo lottare per difendere questo principio d’uguaglianza”.

Poi ancora protagonisti gli studenti: Anna Di Franco ha letto un frammento del libro Sopravvissuta ad Auschwitz, di Emanuela Zuccalà; Giovanni Di Mauro ha allietato il pubblico con il suo violino, sulle note di un pezzo della colonna sonora del film La vita è bella di Roberto Benigni; Paola Cardile ha cantato il pezzo storico di John Lennon, Imagine. La poesia tratta dall’opera memorialistica Se questo è un uomo, di Primo Levi, è stata recitata dal robot umanoide modello “Nao”, presentato dal docente d’informatica Angelo Santacroce e programmato per l’occasione dai suoi studenti.

Prima del rituale taglio del nastro dinanzi al murale, alla presenza di don Palmiro Prisutto, arciprete di Augusta e docente di religione, gli studenti hanno dato vita a a un particolare flash mob: alcuni ragazzi hanno alzato dei fogli contenenti delle parole che insieme formavano la frase “E dico sì al dialogo perché la pace è l’unica vittoria”, tratta dal testo della canzone contro la guerra Il mio nome è mai più, firmata quasi vent’anni fa da Ligabue, Piero Pelù e Jovanotti. Infine, i palloncini bianchi lasciati volare in cielo come simbolo di speranza.


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