Nel Carnevale augustano anche il rogo propiziatorio di “Sulidarte”


AUGUSTA – Sarà l’associazione “Sulidarte” a chiudere il programma del Carnevale augustano in centro storico, annunciato nei giorni scorsi dal Comitato commercianti Augusta. Lo farà per il Martedì grasso, che quest’anno cade il 9 febbraio, dalle ore 17 alle ore 20 attraverso una manifestazione caratteristica e propiziatoria per le vie dell’Isola, rito antico ma ancora presente tra le iniziative carnevalesche di diverse città italiane.
Infatti nell’ambito della valorizzazione e della riscoperta delle antiche tradizioni del territorio che l’associazione si propone, si tratterà di un estratto della cerimonia dell’antico Carnevale rivisitato in chiave contemporanea, per un incontro tra miti classici e modernità.
Per “Sulidarte“, sarà occasione inoltre per ricordare il valore storico della festa che prelude alla Quaresima cristiana, che affonda le proprie origini in epoche lontane, dalle dionisiache greche ai saturnali romani o addirittura nell’antica Babilonia.
Una storia di intrecci di civiltà, quella ricordata dall’iniziativa, in cui si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali, durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo, rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del Carnevale seguente.
In una nota dell’associazione, a cui facciamo riferimento qui di seguito, si descrivono nel dettaglio l’evoluzione storica del Carnevale e il rito propiziatorio.
Il Carnevale si inquadra in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce a una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino. In primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi (anche Arlecchino ha una chiara origine infera). Le anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: questi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell’essere “soprannaturale ” rappresentato.
Alla fine il tempo e l’ordine del cosmo, sconvolti nella tradizione carnevalesca, vengono ricostituiti con un rituale di carattere purificatorio comprendente un “processo”, una “condanna”, la lettura di un “testamento” e un “funerale“ del Carnevale il quale spesso comporta il bruciamento del “Re Carnevale” rappresentato da un fantoccio.
L’associazione quindi cercherà di ripercorrere il rituale del Carnevale tradizionale, mettendo in scena sulla via principale della Città il corteo del Re Carnevale, colpevole di racchiudere in sé le colpe degli umani vizi e di tutto ciò che di negativo ogni essere umano subisce.
Il corteo sarà quindi composto da un inusuale “carro” di mare, all’interno del quale è esposto il fantoccio di Carnevale e una mitologica creatura marina imbrigliata fra le reti. Carro trasportato da antichi pescatori con al seguito coro e personaggi, inneggianti alla festa con versi, indovinelli, motti e scioglilingua. Ci sarà un banditore, a richiamare la folla con la seguente espressione, già citata dal cultore di storia cittadina Elio Salerno: “Oh ggiènti austanisi, arricugghiti l’unza pi la manciata di carnaluvari!”.
Inoltre, musicisti, a ritmo di tamburo, cadenzeranno la marcia. Primi fra tutti i parenti prossimi di Carnevale, che sta per essere giudicato. All’arrivo finale in piazza Duomo, dove sono previsti un pulpito e un patibolo, al suono stridulo della tromba, entrerà l’arcigna Corte che, dopo accurato “processum”, emette la sentenza: al rogo! E così, col fuoco e la morte del fantoccio, la catarsi: dalle ceneri, come una araba fenice, la rete si dipana e la creatura marina, dapprima imprigionata, risorge liberandosi dalla rete da pesca, come un pesce che imbrigliato dai rifiuti e dalle reti finalmente riacquista la propria libertà e rinasce a nuova vita.