Cultura

“Questi figli amatissimi”, con la regia non convenzionale di Patrizia Gula, in scena ad Augusta

AUGUSTA – Domenica è la sera dedicata al teatro per molti augustani, sia per le compagnie che per il pubblico. Ieri la compagnia Redicuore ha portato in scena, al teatro di “Città della notte”, la commedia Questi figli amatissimi, scritta da Roberta Skerl e diretta dall’augustana Patrizia Gula.

Una storia che può essere quella di ogni famiglia moderna, della sua tenerezza e delle sue crisi, così vicina al pubblico da catturarlo e renderlo partecipe con consigli istintivi che partono dalle poltrone. Una regia veloce, nonostante le quasi tre ore di spettacolo, così veloce da travolgere il tempo stesso.

Il sipario si è aperto su una scenografia, che potrebbe sembrare minimale, ma che in realtà è essenziale. Studiata da Franco Arena e dalla stessa Gula, la scena si presenta così: un salone nero ricoperto di bassorilievi bianchi che permettono di sentire la morbidezza delle tende alla finestra che guarda fuori, il ticchettio dell’orologio a pendolo e il miagolio del gatto ai suoi piedi, anche l’appendiabiti è un ectoplasma che però svolge la sua funzione ad ogni ingresso dalla porta.

È in questo scenario che la regista presenta, al pubblico, i protagonisti della storia. Anna e Giulio sono mamma e papà, interpretati da Stefania Arena e Vanni Petruzzeli, che introducono il pubblico nelle loro vite grazie all’empatia creata dall’interpretazione carica di pathos della Arena e dalla naturale e ben espressa apprensione, da padre, di Petruzzeli. Genitori che si amano e amano i propri figli, Federica e Gabriele interpretati da Daniela Morello e Mirko Birritteri.

I due giovani ripiombano in casa dei genitori riversando, sulla casa, la valanga emozionale dei loro fallimenti. Federica, dopo l’ennesimo cambio di programma di studi, torna da mamma e papà col cuore infranto da un finlandese che ha conosciuto durante l’ultimo master a Londra, riportando con sé l’adolescente viziata ed egocentrica che non ha mai smesso di essere, compreso un millantato tentato suicidio. Gabriele, l’ingegnere che sogna di ristrutturare un casale tra le colline umbre ma che riesce solo a sfasciare il proprio matrimonio e rischia di sfasciare quello dei genitori con la complicità involontaria di Federica. Due macigni che Anna porta barcollante, come fossero cesti sovraccarichi di panni da lavare. Federica e Gabriele che come asteroidi si scontrano per dimostrare l’un l’altra chi abbia fallito di più, e papà Giulio che cerca di navigare in questo uragano per il quale dovrà arrivare il sereno, almeno si spera.

La storia è costellata di risvolti comici che saltano fuori dai momenti di maggior disperazione, una fine tragicomicità che ha un valore aggiunto nei cambi ritmici della regia e nelle interpretazioni, senza nulla togliere agli altri interpreti, di Stefania Arena e Mirko Birritteri che dimenticano di essere attori per essere Anna e Gabriele senza riserve, così creando un cordone ombelicale col pubblico, dalla prima scena fino ai saluti del fine spettacolo.

Un pubblico sorridente che ha apprezzato anche la piccola gag degli assistenti di scena sorpresi al buio mentre sono al lavoro. Una regia non convenzionale, immediata e al contempo riflessiva che ha saputo tirar fuori tutto ciò che d’ironico e leggero può esistere nei piccoli e grandi “dolori” familiari.

Marcello Marino


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