Cultura

Breve storia di Augusta: dal mercato comunale al mercato del giovedì, e l’Ufficio del Dazio

AUGUSTA – Nell’ambito di una più ampia iniziativa editoriale promossa da La Gazzetta Augustana.it di divulgazione e promozione della storia di Augusta, abbiamo previsto una rubrica settimanale tematica nel nostro web magazine di approfondimento “Cultura”. Ha per titolo “Breve Storia di Augusta” ed è curata da Filippo Salvatore Lentini, detto Salvo, già ufficiale della Marina Militare, che da appassionato alle vicende storiche e alle tradizioni augustane, facendo ricorso ad un’estesa bibliografia che comprende i numeri del “Notiziario storico di Augusta” e i diversi lavori succedutisi nel tempo di noti studiosi della storia cittadina (che Lentini ci ha chiesto di menzionare in ordine casuale in premessa: Mario Mentesana, Elio Salerno, Tullio Marcon, Ennio Salerno, Vincenzo Vinciguerra, Ezechiele Salerno, Giorgio Casole, Sebastiano Salomone, Giovanni Vaccaro, Giuseppe Messina, Giovanni Satta, Giuseppe Carrabino, Italo Russo e non solo), ha pubblicato nel 2008 l’apprezzata opera dal titolo “L’Isola delle Palme”. Offrirà ai lettori de La Gazzetta Augustana.it, per la prima volta su una testata, la versione ridotta e adattata al web della sua pubblicazione.

27. Dal mercato comunale al mercato del giovedì, e l’Ufficio del Dazio

  • Mercato comunale

Mercato comunale, inizio Novecento

Fino agli albori del Settecento il mercato comunale di Augusta, composto di portici e botteghe, si trovava nella parte Sud del vasto spazio sul quale si affacciava la Chiesa Madre, ovvero in quell’area che sarebbe diventata l’attuale Piazza Duomo, all’epoca conosciuta semplicemente con l’appellativo di Piazza Gelida. In conseguenza della costruzione del Palazzo del Senato cittadino, dell’ampliamento del Duomo e della nascita del nuovo Monastero delle Benedettine di Santa Caterina, tre edifici di un certo rilievo sociale che si affacciavano in quella ampia area, l’antico mercato comunale fu smantellato e trasferito in un altro sito, per dare un adeguato decoro a quella zona che avrebbe rappresentato il centro storico. A decorrere dal 1821, il mercato cittadino fu dislocato in un’area ricavata sotto degli eleganti portici prospicienti sulla via principale, ovvero la “Strata Mastra”, nel tratto compreso fra le attuali Vie Garibaldi, San Pietro Martire e San Lorenzo. Dopo circa mezzo secolo il mercato comunale, venutosi a ritrovare in una zona divenuta non più confacente allo scopo ed essendo peraltro aumentato il traffico veicolare dell’epoca in quella che era la principale strada urbana, fu spostato nello spiazzo esistente alle spalle della Chiesa Madre. Quest’area, adeguata a tal scopo e denominata di proposito Largo Mercato Nuovo, divenne la sede stabile del mercato comunale e nel 1872 prese il nome di Piazza Pietro Turati, dedicata all’allora prefetto di Siracusa e padre di Filippo, il giornalista assertore del socialismo e grande avversario del movimento fascista. Nel 1937, in pieno periodo del potere fascista, lo ‘scomodo’ cognome di Turati indusse il podestà a trasformare la denominazione di quel luogo in Piazza Mercato. Infine, nel 1943, con una delibera della nuova insediata giunta comunale, fu stabilito di assegnare a quel sito il nome di Piazza Filippo Turati, ma tale delibera, come altre disposte per diversi luoghi della città, rimase senza esito di trasformazione, pertanto la denominazione di Piazza Mercato è ancora in vigore, nonostante si continui erroneamente a chiamarla Piazza Filippo Turati.

Via 14 Ottobre zona Mercato, una ‘Putia’, anni ’50

Il Mercato Comunale, molto più noto come “a Chiazza”, inizialmente era a cielo aperto e nel 1904 ne fu realizzata la copertura con una tettoia metallica, per renderlo più accogliente e mettere al riparo dalla pioggia e dal sole i vari banconi utilizzati per l’esposizione delle merci. Il Mercato Comunale era un luogo sempre abbastanza movimentato e vivace, sia per la quantità di frequentatori che per le urla dei vari venditori che, con voci acute e con diversi toni ed argomenti, “vanniaunu” per reclamizzare la merce esposta nei propri banconi o nei “carretti” adornati allo scopo. I più caratteristici, fra i venditori presenti sotto la tettoia del mercato, erano quelli che si facevano notare non solo proponendo ad alta voce i propri prodotti ma anche per essere capaci di mettere in atto delle mini sceneggiate, con adeguate e pittoresche espressioni del viso e delle braccia, allo scopo di attirare l’attenzione dei tanti compratori verso le proprie postazioni. L’insieme dei venditori situati sotto la tettoia e i vari negozi, le macellerie e le botteghe di generi alimentari, chiamate “putie”, presenti nelle vicinanze, con il vario e vasto assortimento di prodotti che commerciavano, facevano da ‘contorno’ allo stesso Mercato Comunale, facendo assumere all’intera zona della “Chiazza” un aspetto molto simile a quello dei moderni centri commerciali.

Mercato comunale, ‘Festa dell’Uva’, anni ’50

Durante la vendemmia, attesa sin dall’inizio dell’estate da quasi tutta la popolazione, tantissimi ed appariscenti grappoli di uva venivano convogliati nella zona del Mercato Comunale, che era il luogo principale dove si svolgeva l’annuale e tradizionale ‘Festa dell’Uva”, con i vari “fruttaiuoli” che allestivano al caso i propri banconi per esporre, in quantità maggiore del solito, l’uva da vendere ai tantissimi partecipanti a quella sorta di sagra cittadina. Molto attivo e abbastanza frequentato sin dall’inizio del Novecento, il Mercato Comunale, a cominciare dagli anni Settanta, è andato sempre più regredendo e a diventare nel suo ultimo utilizzo il luogo di vendita per soltanto alcuni pescivendoli, fino al totale abbandono in cui si trova da diversi anni. Il tracollo della “Chiazza”, dove si sono recate generazioni di Augustani e tantissimi ‘capi camella’ addetti alla ristorazione dei tanti militari della Marina e dell’Aviazione Militare di stanza ad Augusta, è dovuto soprattutto alla nascita ed al diffondersi dei piccoli mercati rionali, nati in conseguenza del continuo espandersi della città, che hanno contribuito anche a cambiare le abitudini degli stessi cittadini. Radicali cambiamenti incrementati inizialmente per l’apertura dei supermercati ed in seguito dei centri commerciali, che hanno avuto come loro prime vittime le diffuse e varie piccole botteghe commerciali, ovvero le locali “putie”, che si trovavano proprio sotto casa o quasi. Di recente il luogo dell’ex “Chiazza” è stato restaurato, sostituendo la vecchia struttura con ‘arredi’ diversi e meno affascinanti di quelli preesistenti. Un restauro eseguito non di certo per ripristinare il classico Mercato Comunale, ormai cosa superata e molto difficile da realizzarsi, ma per mantenere in essere un luogo quasi monumentale, a ricordo di un periodo molto importante e significativo del passato storico della città e con il proposito di utilizzarlo, quantomeno, per semplici manifestazioni di tradizioni locali od altri avvenimenti popolari.

  • Ambulanti

Il rivoluzionamento nel settore del commercio, apportato dalla nascita dei grandi centri commerciali, ha inciso negativamente anche sulla categoria dei caratteristici

Mandria in via Lavaggi, anni ’50

venditori ambulanti, riducendone drasticamente la quantità e lo stesso assortimento merceologico. Questi ‘commercianti mobili’, spostandosi con mezzi spinti a mano o trainati da animali da soma, giravano per ogni angolo del paese e trasportavano le loro merci quasi a domicilio attirando, con il loro “vanniare”, l’attenzione delle massaie, impegnate con i loro quotidiani lavori domestici. Non tutti gli ambulanti reclamizzavano in modo chiaro i loro prodotti, nonostante lo facessero con voce molto acuta e soprattutto altisonante, per farsi sentire da più lontano possibile. Difatti tanti si limitavano ad urlare in maniera indecifrabile, ma lo facevano con un ritornello ed una cadenza sempre uguali, tali da essere riconosciuti dagli abituali compratori che ormai, proprio da quella particolare e ben conosciuta voce, ne individuavano il tipo di merce in vendita. Nonostante tutto, anche se diverso, meno diffuso e soprattutto meno caratteristico rispetto al passato, sia nel genere dei prodotti commerciati che nel tipo di mezzo di trasporto impiegato, ancora oggi in città continua tale modo di vendita.

Piazza Carmine a ‘Caruzzella de Gilati’, anni ’50

In passato la merce era trasportata con le biciclette, con i carretti spinti a mano o trainati da asini, con le moto o persino a piedi, portando sulle spalle i contenitori pieni di merce, oppure con il più tradizionale e simbolico mezzo impiegato nei paesi del Sud per la vendita ambulante dei gelati: “a carruzzella de gilati”, un mezzo con i pedali che spesso e volontariamente veniva spinto anche dai bambini, con la speranza di ottenerne un piccolo omaggio. Fino a qualche decennio fa, agli squilli del fischietto del gelataio la gente si girava e vedeva la bella “carruzzella de gilati”; oggi si sente ancora quel particolare fischietto ma i gelati, che nel frattempo sono stati affiancati da altri generi di refrigerio e non solo tali, sono trasportati da un mezzo meccanico e lontanissimo parente della caratteristica“carruzzella”. Se in maniera ambulante la vendita del gelato resiste ancora, di contro altri prodotti sono scomparsi da questo genere di commercio: legumi, baccalà, “liatina”, la moderna gelatina, detersivi, “lisciuni”, l’antenato della candeggina, ricotta fresca e carbone ne sono alcuni esempi. In tempi ancora più lontani, tanto per citare un caratteristico genere di commercio ambulante, il capraio andava in giro per la città con il suo gregge e mungeva il latte dalle capre direttamente nei contenitori dei clienti che, all’avvicinarsi del suono dei tanti campanellini, si portavano sulla soglia di casa e attendevano il suo passaggio.

  • Ufficio del Dazio

Edificio del Dazio, inizio anni ’60

A pochi metri dalla Porta Spagnola, allora unico ingresso alla città vecchia, nel 1902 sorse una modesta costruzione da adibire ad ufficio del dazio; un luogo pubblico dove tutte le merci, in prevalenza provenienti dalle campagne dell’entroterra o da acquisti fatti altrove, prima di essere introdotte in città per commerciarle, venivano sottoposte al controllo fiscale per il pagamento della relativa imposta. In seguito, modificati i sistemi dei controlli fiscali sul commercio, l’edificio fu utilizzato quale “Casa do latti”, come era noto localmente quel luogo, dove occorreva convogliare il latte fresco e non confezionato, prodotto nelle zone interne del territorio augustano, per essere analizzato e tassato, prima di poterlo vendere alla popolazione. Con tale provvedimento, di conseguenza, fu proibito ed impedito anche l’ingresso in città dei pastori con i loro branchi di capre e di pecore, per evitare che il latte, consumato direttamente dai cittadini, potesse essere motivo di pericolosi contagi e di infezioni, nocive alla salute pubblica. Con i sempre più moderni sistemi per il controllo sanitario del latte, l’esistenza della vecchia costruzione divenne inutile e pertanto, dopo diversi anni di totale abbandono, nei primi Anni Sessanta fu demolita; operazione compiuta anche in previsione dei programmati lavori per il riassetto stradale e per l’ampliamento dei vecchi ponti spagnoli.

  • Mercato settimanale (u Giovedì)

Ai tradizionali sistemi di vendita dei prodotti commerciali, quali i negozi in posti fissi e gli ambulanti, si aggiunse un mercato svolto settimanalmente, come usanza in quasi tutte le città d’Italia, ed in un luogo adatto della città. Questa sorta di ‘fiera’, istituita probabilmente negli anni Cinquanta, ad Augusta si svolge nel giorno di Giovedì ed è proprio per questo motivo che tale mercato è localmente e largamente conosciuto come “u Giovedì”. Un’occasione periodica che permette di acquistare prodotti a prezzi popolari e più accessibili, rispetto a quelli applicati nelle attività commerciali della città durante il resto della settimana, almeno questo è quello che ne giustifica il suo svolgimento. Negli anni Sessanta, la fiera del “Giovedì” si svolgeva in Via Epicarmo, da Piazza Carmine verso il Sud della stessa strada, in pieno centro cittadino, cosa possibile da fare in quanto il traffico veicolare dell’epoca era ancora abbastanza limitato. In seguito, ricordando sommariamente i luoghi che lo hanno ospitato, il mercato settimanale fu spostato in Via 10 Ottobre, zona leggermente più decentrata per il passaggio delle autovetture; poi addirittura in Via delle Saline, alla Borgata, nell’area sottostante l’allora nuovo Cavalcavia, quando questo ancora arrivava soltanto fino al Lungomare Rossini, quindi in Contrada Fontana, nell’ampia area adiacente al Campo Sportivo. Infine, ed è storia di questi tempi, il mercato “do Giovedì” è stato trasferito in un vasto spiazzo libero, esistente nei pressi della nuova Via Bruno Buozzi, sempre nella zona della Borgata, ritenuto più tranquillo e più sicuro rispetto al sito precedente, che era considerato un luogo piuttosto critico per la viabilità, soprattutto da un punto di vista di Protezione Civile.

Salvo Lentini


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