Politica

Il Mit conferma la sede Adsp ad Augusta. Chiesto al Tar di non dare giudizio: colpo di spugna o boomerang?

AUGUSTA – Alla fine del biennio non ci sarà nessuna proroga per lo spostamento della sede Adsp a Catania. Il ministero delle Infrastrutture mette nero su bianco che quel trasferimento “ha avuto carattere meramente transitorio“. Lo scrive il capo di gabinetto del ministro grillino Danilo Toninelli, Gino Scaccia, in una lettera all’Avvocatura dello Stato datata 31 ottobre, dove certifica che “l’intendimento è quello di mantenere la sede dell’Autorità portuale presso la sede individuata dal decreto legislativo” dell’agosto 2016. Legge che, recependo la normativa europea, indicava appunto Augusta in quanto scalo marittimo “Core”.

A rendere pubblico il documento è la sindaca Cettina Di Pietro, con una nota sui social dove sottolinea con soddisfazione “che alcuni maldestri tentativi operati dai passati governi nazionali e regionali, a danno della nostra città, siano miseramente falliti“. Esulta anche Marina Noè, che si attribuisce un ruolo da protagonista nella positiva conclusione della vicenda, parlando di “risultato del lavoro di squadra condotto da Assoporto insieme alla politica nazionale e locale“. La presidente dei portuali ricorda “che proprio sabato aveva incontrato nella sua sede la deputazione nazionale e regionale“.

Dai rappresentanti Ars, tutti all’opposizione del del governo siciliano, non era arrivato – né poteva arrivare – alcun impegno concreto su una questione che originata proprio dalla Regione. Ed esattamente da una relazione farlocca dell’allora assessore regionale catanese Giovanni Pistorio. Documento che denigrava Punta Cugno, per “spingere” il modesto scalo etneo come sede alternativa, e che lo stesso governatore Rosario Crocetta aveva definito “una carognata” (ma solo dopo averlo diligentemente fatto diventare il presupposto del decreto-scippo firmato dal ministro Graziano Delrio).

Un ruolo diverso devono averlo invece svolto i “portavoce” M5S in Parlamento, se l’iper-attiva presidente di Assoporto ha sentito il dovere di “ringraziare particolarmente il senatore Pino Pisani e il deputato Paolo Ficara” (oltre la sindaca e, più genericamente, “quanti si sono adoperati con determinazione“). I due parlamentari grillini, sabato scorso, avevano promesso a Noè che “martedì avrebbero parlato con Toninelli” per spiegare le osservazioni dell’Associazione. E così dev’essere stato, considerato che il ministero ha cambiato registro.

Appena un mese fa, secondo quanto aveva rivelato Di Pietro, la questione Adsp sarebbe stata gestita dal Mit con un pilatesco “non facciamo presentare gli avvocati dello Stato all’udienza del Tar di Catania”. Noè aveva vigorosamente bocciato questa linea, poiché lasciava il ricorso contro il decreto-scippo in balia di sé stesso (e dei giudici amministrativi catanesi). Perciò ha subito chiamato la deputazione locale, riuscendo a farsi ascoltare. Ne è venuta fuori la lettera che manifesta “l’intendimento” romano di lasciare le cose come stavano, prima che l’allora sindaco catanese Enzo Bianco e la sua filiera Pd sovvertissero “un semplice principio: quello della logica e della legalità” (come l’ha definito un comunicato congiunto sindaca-senatore-deputato).

Il ministero di Toninelli scrive inoltre ai suoi avvocati “di voler richiedere al Tar adito di accertare la sostanziale cessazione della materia del contendere“. Una richiesta arrivata sul filo di lana, considerato che l’udienza è fissata il 7 novembre. A questo punto diventerebbe inutile tenerla, secondo la  proposta di Roma. Solo che in questo modo si mette una pietra sopra le vicende di un decreto che il Cga, a luglio 2017, aveva detto essere potenzialmente in grado di arrecare “un pregiudizio attuale grave e (sotto alcuni profili) irreparabile“. Il Consiglio di giustizia amministrativa aveva “ordinato la sollecita fissazione dell’udienza di merito” al Tar di Catania.

Adesso, con la “cessazione della materia del contendere“, non ci sarà più alcun tribunale a sentenziare se la “carognata” c’è stata e chi ne siano i responsabili. Col rischio che quelle carte contestate, e non invalidate da alcuno, continuino a pendere come una spada di Damocle. Il decreto Delrio fissa lo spostamento della sede Adsp per 2 anni, eventualmente prorogabili. La scadenza è alla fine del prossimo gennaio, perciò al ministero sarebbe bastato non rinnovarlo per chiudere definitivamente la partita, a prescindere dagli esiti del giudizio al Tar. In questo modo invece, se imbroglio è stato fatto, nessuno ne pagherà le conseguenze. E magari, al momento opportuno, potrebbe riutilizzare proprio quelle stesse carte su cui nessuno ha potuto mettere il bollo “illegittime“.


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