IL TERREMOTO di Elisabetta Ternullo
Voglio sentire la terra che spacca le sue viscere frementi
Voglio che il vento trascini più distanti le voci distanti
Voglio che sia Luce
E, nella luce, raggi di lame fendenti
a trapassarmi l’anima di perdono
che assolva le mie preghiere misere:
fatte di intenti infangati in pozze impure di lacrime
[impantanate nelle gabbie del mio petto]
svaporate al sole di questi raggi
prepotenti, d’Amore per me.
PRIGIONIERI O LIBERI di Marcella Di Grande
Nelle nostre parole ci naviga la vita. Quella vissuta, non vissuta, quella appena percepita, quella subita e quella costruita e conquistata. Ogni singola fetta di questa vita contribuisce a modellare il mondo nel quale ci muoviamo, pensiamo e agiamo.
Un mondo che prende la forma degli occhi di chi lo guarda, un mondo irreale e profondamente soggettivo, minato da chi semina colpe ed è allo stesso tempo autorizzato al perdono, un mondo in cui siamo noi stessi, spesso in maniera inconscia, a decidere di essere “prigionieri” o “liberi”.
Siamo prigionieri quando le voci rumorose dei devo, dei non posso, delle regole, della morale, delle convenzioni, delle credenze, della conformità, come gabbie buie ci immobilizzano in un punto ben preciso in cui rimaniamo lontani sia da noi stessi che dagli altri e limitano la nostra possibilità di sperimentare e di decidere. Sono gabbie che accettiamo e non violiamo, per timore di non essere in grado, la notte, di sopportare il silenzio pesante delle responsabilità o delle colpe. Cosicché galleggiamo, come fossimo nel limbo dell’indeterminatezza, colpevoli senza colpe in una vita che crediamo essere in difetto verso di noi e che per questo additiamo. In verità siamo solo in difetto con stessi e iniziamo ad esserlo quando rinunciamo e non ascoltiamo le nostre più profonde necessità.
Siamo liberi invece dal momento in cui, a dispetto dei giudizi e delle fitte coltri delle apparenze, apriamo con l’ascia del del coraggio e della consapevolezza un varco che permetta alla luce dell’amore per noi stessi di annullare l’incantesimo delle gabbie, di slegare i nodi dei pensieri e di ricongiungerci col tutto al quale apparteniamo. La consapevolezza è libertà, è luce che lacera il buio dei dogmi e laddove non ci sono dogmi non c’è giusto né sbagliato, non c’è colpa né perdono, non ci sono stelle né fango ma soltanto due cose, che mi abitano con la prepotenza delle necessità, che io chiamo Vita e Amore per Me.