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Quando il brand incontra l’arte. Al lavoro con Anne Schönharting

Il mondo della moda, come si conosce bene, utilizza da sempre un tipo di comunicazione principalmente legata all’immagine come prima cosa e poi cerca di fondere con essa un concetto di composizione creativa che fa sì che tutto venga impacchettato per il meglio: un concetto riduttivo per alcuni ma anche sintetico ed efficace, se si allarga lo spettro, per altri.

Di recente ho vissuto invece l’esperienza di una produzione fotografica in cui il brand si sposa con l’arte e lo fa anche piuttosto bene. Lo scopo della produzione era realizzare le immagini che sarebbero servite a creare un’installazione per la settimana della moda a Parigi.

L’azienda in questione è una nota casa sartoriale, Brioni, che oggi comunica in maniera molto decisa la propria posizione riguardo alla comunicazione aziendale e lo fa affiancando al capo anche delle celebrity di un certo spessore.

Lo show  finale a Parigi non è stata una sfilata ma una installazione fotografica, dove le fotografie esposte convivevano in un micro modulo realizzato ad hoc insieme ai tre abiti usati dal talent e dai suoni sapientemente catturati da un fonico cinematografico durante i vari set in giro per l’Italia.

Se ci si sofferma un attimo a pensare, però, se si hanno tra le mani quelle stoffe e quei tagli, a quel punto capisci che l’unico modo per trasmettere la verità del prodotto è l’arte, è una performance e non una banale sfilata, lasciatemi passare il termine.

Tutto questo non poteva essere scattato dal solito fotografo noto alle copertine dei magazine patinati, ma serviva un un’artista contemporanea, con il suo punto di vista ed il suo modo di vedere la fotografia. La fotografa alla quale è stato a dato il progetto è Anne Schönharting, tedesca con un punto di vista ritrattistico molto intimo, che nonostante un carattere ermetico e poco espansivo mi ha insegnato tanto.

Abbiamo girato l’Italia per diciotto giorni circa, io questa volta non ero dietro la camera ma dietro il computer, ad acquisire il materiale che l’assistente di Anne, Katarina, mi passava dopo ogni sessione con i talent del giorno: questo ruolo nelle produzioni fotografiche si chiama digital.

Siamo partiti da Milano ed abbiamo scattato in alcune delle location più suggestive d’Italia, ho avuto modo di apprezzare la costiera amalfitana e le sue meraviglie e soprattutto ho riscoperto di amare l’arte come un tempo e questo è un gran bel regalo.

Le location prescelte diventavano dei set dall’atmosfera surreale. Anne riusciva a desertificare attorno a lei, riusciva a togliere il respiro a tutti, lasciava vivo solo quello che stava dentro l’inquadratura della sua medioformato, per poter lavorare sempre nel silenzio e nella solitudine delle sue atmosfere. Parlava con i talent, li ascoltava, gli suggeriva delle pose e poi trovava quello che aveva in testa e lo fotografava. I talent scelti per vestire Brioni non erano celebrità da copertina o modelli professionisti, ma uomini di stile e di spiccata fama professionale, uomini d’arte, di creazione e collezione.

Ho avuto l’onore di chiacchierare amichevolmente con il maestro Enzo Cucchi, padre della transavanguardia italiana, con un altro grande esponente dell’arte contemporanea italiana, Paolo Canevari, presso la sua tenuta-museo di campagna dove si è stato allestito il set per i trittici scelti dalla fotografa.

Ho vissuto per giorni in case dove la sola cosa che si respirava era l’aria della natura e dell’arte, appesa ai muri, da Rotella a Mimmo Paladino alle installazione esplosive dello stesso Canevari, tutto questo tra gli ulivi secolari e grilli. Ogni posto veniva scelto con cura, cura nei dettagli, nelle atmosfere e nella luce, una luce naturale finemente trattata, che delle volte ci ha “costretti” a godere di quei panorami senza far niente per ore, in attesa che il tramonto decidesse di donarci, come a Punta Campanella, di fronte a Capri, quel ricercato tono caldo.

Se date un occhiata alle sue foto e riuscite a vedere nel piccolo, vi accorgerete che i dettagli e le cadute delle ombre sono lì perché dovevano essere così, e quella luce per la maggior parte delle volte era tutta naturale.

Ogni location e quindi ogni personaggio venivano fotografati da Anne in tre scatti, per andare a completare un trittico, che racchiude l’essenza della persona e dell’ambiente. Si isolava nelle stanze scelte e produceva la sua atmosfera, parlava con il suo soggetto e lo fotografava dentro. Tutte le immagini che ho visto avevano come scopo il raggiungimento della comunicazione con l’essenza del soggetto. Un’anima vestita da quel brand, un concetto molto sottile e anche molto intimo, che ti fa sentire e vedere la preziosità dei tessuti, dei tagli e della vestibilità, unica nel suo genere.

Sono stati giorni intensi, con molto gioco di squadra, ho conosciuto Emanuele, un giovane talento fonico, che si è occupato di catturare in presa diretta i suoni che produceva ogni location, che avrebbero poi completato l’installazione a Parigi.

Ho lavorato con una produzione fantastica, ogni posto anche il più sperduto e isolato, al nostro arrivo, diventava un’oasi nel deserto piena di ogni comfort e prelibatezza, non mancava niente. Eravamo coccolati ed abbiamo avuto la fortuna di lavorare in un ambiente dove comandava l’arte e non la star di turno: non c’erano le prime donne, i tronisti o i criticatutto, c’era la poesia dei panorami, c’era l’orchestra della natura che suonava per noi ogni giorno, il mare il sole, gli ulivi, il vento, le zanzare ma anche l’antizanzare, c’erano le storie raccontate dalle persone del posto e gli aneddoti dei grandi che abbiamo fotografato.

A Biella, in una delle ville ottocentesche più belle che abbia mai visto, Anne ha fotografato il designer ultraottantenne giapponese Hisao Hanafusa e, dopo aver pranzato insieme e parlato delle peculiarità del suo design (la principale quella di non usare colle e chiodi ma solo incastri), mi ha raccontato un aneddoto. A New York, dove vive da quarant’anni, nel suo studio lo vanno a trovare spesso dei giovani designer e tutti sono affascinati dal suo modo di lavorare e di progettare. E lui rivela ai visitatori che per diventare famosi e fare tanti soldi si devono usare i chiodi e la colla, e non fare come lui.

Adesso io non sono giapponese e non so se dietro questa storia ci fosse una metafora o una leggenda con dragoni mangia colla e ninja lancia chiodi, ma io non l’ho capita. Ma lui sembrava sereno e soddisfatto ed abbiamo continuato a chiacchierare. Il trittico su di lui è uno di quelli che mi piace di più: Anne ha inserito dei dettagli bellissimi, nella prima delle 3 foto (trittico orizzontale) Hisao tiene in mano una cavalletta.

Vi lascio i link dove poter dare un’occhiata ai lavori di Anne: li apprezzerete o no, fatemelo sapere se vi va.

Il sito della fotografa Anne Schönharting: https://www.ostkreuz.de/fotografen/anne-schoenharting/

Articolo di Vogue con tutte le foto della produzione: http://www.vogue.it/uomo-vogue/sfilate/sfilata/brioni

Sono mancato dal blog per un po’, ma, se devo dirla tutta, mi sono mancato anch’io. Un saluto a tutti! A presto, David.

Enzo Cucchi per Brioni

Sam Pratt per Brioni

Hisao Hanafusa per Brioni

Paolo Canevari per Brioni

 


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