AUGUSTA – Quella che segue è la seconda di una serie di interviste attraverso le quali proveremo a far conoscere ai nostri lettori i capigruppo delle liste che rappresentano i cittadini augustani in seno al nuovo Consiglio comunale. È il turno di Giuseppe Di Mare, consigliere comunale dell’opposizione, appartenente al movimento civico “Cambiaugusta”, attuale capogruppo in quanto consigliere con il maggior numero di preferenze del residuale gruppo misto, composto da sei consiglieri.
L’intervista, che, precisiamo, è stata realizzata la scorsa settimana, verte sul suo vissuto personale, intimo e politico, entrando a gamba tesa nell’attualità delle problematiche cittadine e del dibattito politico.
Giuseppe Di Mare, 38 anni, agente in attività finanziaria di un istituto bancario, nato e cresciuto ad Augusta. Quanto si sente radicato, umanamente, in questa Città?
Nelle diverse fasi della mia vita ho potuto sperimentare quasi tutte le realtà territoriali di Augusta. Sono cresciuto fino alle scuole medie nella famosa zona dei “Cannizzola”, piazza della Rotonda, dove noi ragazzini andavamo a pescare e realizzavamo delle capanne. Poi ci trasferimmo in via De Roberto, periodo in cui ho frequentato l’ambiente della Borgata e ovviamente i cosiddetti campi da calcio delle Saline. Vista la mancanza di spazi, giocavamo nella salina asciutta adiacente a via Pio La Torre… In seguito al terremoto, per i danni subiti dall’edificio, andammo a vivere in via Saluta, dall’altra parte della Borgata. Dopo ancora, sono andato al Monte, in via Pantelleria. Quando mi sono sposato, ho fatto la scelta di vita di tornare al centro storico. Tutte questa fasi, però, sono state imperniate sulla mia frequenza e la mia crescita culturale in seno alla parrocchia del Soccorso, oggi Cristo Re, motivo per il quale, forse, mi sento maggiormente legato al quartiere Terravecchia.
Per chi vanta un’attività politica di lungo corso, la scintilla è riconducibile alla frequentazione delle scuole superiori. È avvenuto così anche per lei? Dove si è formato politicamente?
Al quarto superiore, nel periodo delle elezioni studentesche, un amico, studente come me della Ragioneria, una mattina mi mostrò un manifesto con lo slogan: “Se vuoi cambiare, vota Peppe Di Mare”. Mi convinse a candidarmi. Fui eletto quell’anno e anche il successivo rappresentante di istituto. Per lo stesso amico, feci il primo passo ufficiale in un movimento politico, aderendo al circolo “Ezra Pound” di Azione giovani (movimento giovanile di Alleanza nazionale, ndr), che ritengo ancora oggi uno delle esperienze più significative degli ultimi quindici anni, senza nulla togliere alle successive esperienze. Quel gruppo ottenne un successo elettorale alle amministrative del 2003 che, penso, nessun gruppo giovanile nella storia di Augusta abbia mai ottenuto, esprimendo un consigliere comunale e consiglieri circoscrizionali in tutti i quartieri. Quella è stata la mia scuola politica.
Il suo percorso partitico prosegue con Alleanza nazionale, confluita nel Pdl e poi l’esperienza con il Fli finiano. Si sente ancora un uomo di destra?
Ho idea che ormai siano stereotipi obsoleti, non esistono più ideologie così marcate. Ci sono dei riferimenti, o dei valori, o dei modi di risolvere lo stesso problema anche partendo da una base ideologica diversa. Non ho una tessera di partito da quando è sparito Fli. Se domani si votasse per le nazionali, non mi ritroverei in nessun partito. In quella che ritengo la mia casa, il centrodestra, oggi ho difficoltà ad avere dei riferimenti perché non mi riconosco né nel centrodestra berlusconiano né in quello di Salvini. A livello locale scelgo l’associazionismo, con Marco Stella e il gruppo di “Cambiaugusta”, perché ritengo che sia giusto, al di là delle appartenenze partitiche, che ci si metta a disposizione della Città.
Per tornare, appunto, alle dinamiche cittadine. Lei è stato consigliere e presidente di circoscrizione dal 2003 al 2008, anche in quella legislatura all’opposizione, quando le circoscrizioni erano sei. Che ne pensa della soppressione delle circoscrizioni, ovvero dei quartieri?
I quartieri servirebbero ancora, decisamente. È stata la solita vicenda, in siciliano, del “muro vascio”. I tagli alla politica non si fanno eliminando le circoscrizioni, che invece sono lo strumento più utile, più del Consiglio comunale, per le segnalazioni dei cittadini e per il raccordo tra il territorio e la politica. Tre circoscrizioni ad Augusta andavano più che bene. L’attenzione che mette un consigliere di quartiere non potrà mai essere quella di un consigliere comunale, che è investito da tutta la Città.
In tema di tagli ai costi della politica, perché non ha ridotto o rinunciato al gettone consiliare, come altri suoi colleghi?
Penso che il lavoro vada pagato, non eccessivamente, ma va pagato. Non ho rinunciato al gettone di presenza e non intendo rinunciare. Sfatiamo un tabù: Augusta è il Comune in cui i consiglieri comunali percepiscono il più basso gettone di presenza della provincia, che al netto si aggira tra i 30 e i 40 euro a seduta. Nei quattro anni della passata legislatura ho percepito poco meno di 6 mila euro totali. Mi sembra il giusto ristoro per chi fa politica seriamente, togliendo tempo e denaro al proprio lavoro e alla propria famiglia.
Ha introdotto la domanda successiva. Anche nella sua precedente esperienza consiliare, lei è stato all’opposizione. Qual è il suo giudizio su quell’Amministrazione?
L’opposizione aveva espresso sei o sette consiglieri comunali ma nei fatti siamo stati solo in tre a fare costantemente opposizione all’amministrazione Carrubba. L’esperienza di Carrubba è stata amministrativamente un’esperienza fallimentare, da me osteggiata quotidianamente con tutti i mezzi che erano a mia disposizione, in Aula, per quello che potevo fare. Non c’è un atto di quell’Amministrazione che io abbia votato, ad eccezione di alcuni atti che ritenevo utili per la Città, come la riduzione di un debito fuori bilancio.
E adesso le criticano di fare fronte comune con chi di quella maggioranza faceva parte o ne era vicino.
La politica è evoluzione, non è ferma e fissa. Forse qualcuno finge di non capire che per Augusta lo scorso luglio è stato l’anno zero. Una cosa è la memoria storica, che nessuno perde, una cosa è ripartire da zero. Augusta è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Si riparte da zero. La memoria storica ci serve a capire chi ha sbagliato, e qualcuno dal mio punto di vista sta già pagando. Oggi in Consiglio c’è da un lato una maggioranza e dall’altro chi non si riconosce nella maggioranza. Tra chi non si riconosce nella maggioranza, c’è chi l’opposizione l’ha fatta negli ultimi vent’anni in questa Città, sempre, senza essere mai stato al governo e senza aver mai fatto inciuci con quelle amministrazioni di centrosinistra. Poi, oggi si ritrovano in questa minoranza altre persone che sono o sono stati in ambienti vicini a chi ci ha governato. Ma che vogliamo fare? Marchiare chi ha fatto parte di quelle maggioranze o cos’altro? A me questa distinzione tra buoni e cattivi, tra onesti e disonesti, non mi piace e non mi è mai piaciuta. Prendo atto che oggi mi ritrovo in minoranza con questi dodici consiglieri comunali.
Queste risposte sembrano stridere con la sua dichiarazione di voto, all’esito del ballottaggio, in favore della candidata a sindaco del Movimento 5 stelle…
Passi indietro non ne ha fatti nessuno rispetto a quella posizione. Era una posizione tra virgolette “ideologica”. In quel momento, al di là di alcuni amici, non mi riconoscevo nella coalizione che poi ha perso, per alcuni soggetti, ma soprattutto per come era stata impostata la campagna elettorale. E in quel contesto ho pensato che, siccome Augusta usciva dallo scioglimento per infiltrazione mafiosa, ripartire da zero ci poteva stare. Non era una scelta di appartenenza o di conoscenza del M5s e i fatti successivi sono evidenti.
Quindi avrebbe accettato allora e, venendo al presente, accetterebbe oggi un’eventuale proposta della maggioranza di una sua Presidenza del Consiglio comunale?
Devo dire che il 16 giugno avrei accettato, sulla base di quanto detto nella risposta precedente. Non penso di aver sbagliato, rifarei le scelte che ho fatto, perché dettate da un ragionamento. Oggi lo accetterei allo stesso modo, però oggi ci penserei un po’ di più. Per due motivi fondamentali, derivati dal fatto che quella personale posizione “ideologica” è decaduta: innanzitutto per la libertà del Presidente del Consiglio, cosa che non si è vista, perché nei quattro mesi ha agito sempre sotto dettatura del Sindaco e io non sono uno che agisce sotto dettatura; poi perché adesso c’è anche una conoscenza, non più “ideologica”, degli uomini e delle donne di questa maggioranza, e sicuramente in questa maggioranza qualcosa non va.
Quale provvedimento dell’Amministrazione contesta con maggior vigore e, se c’è, mozioni unitarie a parte, quale provvedimento della maggioranza ha apprezzato?
La domanda è difficile, perché questa Amministrazione non ha prodotto niente ancora, al di là del dissesto finanziario, sul quale mi sono astenuto perché da un certo punto di vista poteva essere condivisibile ma non se affrontato in una settimana. Sulla vicenda dei debiti: finché c’era la politica erano 40 milioni, poi con il primo commissariamento erano 60 milioni, poi con i Commissari straordinari erano 80 milioni, ora con i 5 Stelle sono 100 milioni. Insomma il Consiglio comunale che si prende a nome della Città una briga così importante deve essere non solo sicuro di quello che vota, ma certo al mille per mille. In Aula in quella votazione ho chiesto se c’era un verbale dei creditori e dei debitori del Comune e mi è stato detto: “Non c’è, abbiamo contattato telefonicamente”… Il dissesto poteva essere una strada percorribile ma si doveva studiare e il Consiglio non è stato messo in grado di studiare. È stato messo solamente nelle condizioni di votare sì o no in base all’appartenenza.
Invece la sua proposta di questo scorcio di legislatura di cui va più fiero?
Vorrei ricordare due mie proposte. Quella per il baratto amministrativo, che poi ho ritirato perché l’Amministrazione l’ha fatta propria. In Commissione ci hanno lavorato tutti, ma non è ancora arrivata in Aula. E la mia proposta, di cui oggi la Città ha bisogno e che mi sarei aspettato dall’amministrazione 5 Stelle, di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Mi riferisco al famoso Consiglio sulla Tari. Si poteva dare un segnale storico, quando ho proposto di aumentare la tassazione alla zona industriale e di abbassarla alla povera gente. Mi sarei aspettato lì la svolta. La tassazione sui rifiuti è rimasta pressoché uguale per tutti quanti. È aumentata un pochino per la zona industriale. Ma nel momento storico e sociale che vive la nostra terra, un amministratore serio deve essere capace di redistribuire la ricchezza. Ad Augusta la ricchezza può uscire dalla zona industriale, che ci ha dato tanto in termini di lavoro, non sono tra quelli che pensano che debba chiudere, ma anche in termini di vittime, di danni ambientali che stiamo pagando.
Dalla maggioranza pentastellata giungono periodicamente appelli all’unità, alla collaborazione. Secondo lei, ci sono le condizioni per collaborare o quali dovrebbero essere i termini?
Anche qui si fa confusione. Dalla tornata elettorale esce una maggioranza che ha il dovere e l’obbligo di amministrare la Città. Significa portare proposte, atti e fatti. Ed esce una minoranza che ha il compito di controllare gli atti dell’amministrazione. È chiaro che la minoranza, oltre a controllare, può dare supporto ad alcune iniziative. Quindi la collaborazione c’è sempre e ci sarà sempre sugli atti in base alla convenienza per la Città. Ma ci deve essere il rispetto da parte di chi amministra e, soprattutto, chi amministra non si deve aspettare che i problemi vengano risolti dalla minoranza.
Diletta Casole